Non solo proteste in strada, ma musica, cinema e dibattiti: ecco il "nuovo ‘68 serbo”

I clacson a ogni nuovo blocco stradale, il suono dei fischietti, le grida “Pumpaj, Pumpaj!” , i tamburi che accompagnano i cortei: è il sottofondo delle giornate a Belgrado e in molte altre città serbe. Le manifestazioni e i flash-mob sono quotidiani e vanno avanti da novembre, da quando, dopo il crollo della pensilina della stazione ferroviaria di Novi Sad e la morte di quindici persone, gli studenti universitari hanno iniziato a scendere in piazza contro la corruzione, mobilitando sempre più cittadini, di settimana in settimana, e catalizzando così un’insofferenza generalizzata nei confronti del sistema di potere, al cui vertice c’è il presidente Aleksandar Vučić. Nella capitale, però, accanto a questo frastuono c’è anche la musica dei concerti e l’eco delle proiezioni cinematografiche. Belgrado, città già vivace, è in fermento e sembra nel pieno di quello che molti hanno osato definire “un nuovo ‘68”. Perché la protesta studentesca esplode nelle strade, sì, ma penetra anche nei centri culturali sparsi per la città e irradia le facoltà occupate, dove al posto della didattica ordinaria, in alleanza con i docenti, si tengono laboratori e seminari in cui si immagina la Serbia del futuro. Quello che ha fatto più discutere è sicuramente il blokadni FEST - blokadni sta per blocco, la pratica che ha contraddistinto la protesta - un’iniziativa presa del movimento universitario anti-Vučić che quest’anno ha rimpiazzato lo storico FEST, il festival del cinema che dal 1971 si tiene nella capitale serba nei mesi invernali. La decisione del governo di rimandarlo a causa delle proteste non è andata giù agli studenti che hanno autorganizzato una kermesse alternativa. Per conoscere i protagonisti, l’appuntamento è allo Studentski Kulturni Centar , nel cuore della città, un luogo simbolico: quello spazio fu concesso agli universitari dalle autorità jugoslave a seguito dei moti sessantottini. M., 22 anni, e T., 21, sono due studentesse dell’Università di Belgrado. Non le chiameremo per nome perché i Plenum - le riunioni plenarie dove vengono prese le decisioni - delle loro rispettive facoltà hanno ritenuto che fosse meglio così. Una scelta in linea con la volontà di non creare protagonismi e leader e di mantenere una struttura orizzontale. M. e T. hanno curato l'organizzazione del blokadni FEST che si è tenuto dal 9 al 16 marzo. “Con il passare del tempo, il FEST è passato sotto il controllo di un gruppo di persone indifferenti al suo destino e ha così perso rilevanza, ma l’amore dei serbi e in particolare dei belgradesi per questo appuntamento non è mai cambiato”. Parliamo del resto di quello che fu uno dei più importanti festival cinematografici dell’area socialista, che attirava attori di Hollywood del calibro di Jack Nicholson, in tempi in cui non era affatto scontato che Est e Ovest si contaminassero. La prima serata del blokadni Fest è stata inaugurata da "Nedostaje mi Sonja Henie", lo stesso cortometraggio con cui si aprì la prima edizione del Festival. Accanto ai film d’autore, un grande spazio è stato consacrato ai lavori degli studenti della facoltà di arte drammatica. “Volevamo valorizzare le loro voci. Abbiamo film che ripercorrono la nostra storia e trattano di protesta e lotta. Pensiamo che possano ispirare i nostri coetanei a perseverare nelle manifestazioni”, racconta M. “Abbiamo vissuto per molto tempo con la sensazione che i luoghi che avrebbero dovuto appartenerci non fossero più nostri. La cultura era morta. Ora ce ne stiamo riappropriando e la stiamo rivitalizzando”, spiega T. Non è un caso se qualcuno lo ha chiamato il nuovo ‘68. Con la differenza che all’epoca dei moti studenteschi degli anni Sessanta bastò un discorso di Tito per mettere fine alle manifestazioni che paralizzarono la città di Belgrado nel mese di giugno e presero piede qua e là nella Federazione jugoslava, da Sarajevo a Zagabria fino a Lubiana. Stavolta, però, non basteranno le parole e le promesse di Vucic. “È finita quando decidiamo noi che è finita”, hanno tuonato dalla pagina ufficiale dei blocchi studenteschi a poche ore dalla manifestazione oceanica del 15 marzo che ha visto una partecipazione, secondo fonti indipendenti, di almeno 300mila persone. Agli studenti non piacciono i paragoni, neanche quelli con i moti degli anni Novanta contro il presidente nazionalista Milošević che furono proprio come quelli attuali a trazione universitaria. I giovani “rivoluzionari” serbi del 2025 rivendicano una loro identità e una concretezza che è mancata alle generazioni che li hanno preceduti. “Forse ci sono dei parallelismi e se ci sono vanno ricercati nella consapevolezza che si è risvegliata tra noi giovani, perché quello che stiamo tentando di fare - insiste T. - è semplicemente diffondere la cultura e stare insieme, unirci per lottare. Le analisi le lasciamo agli storici e ai giornalisti, ma certamente stiamo assistendo dopo tanto tempo a delle forme di autorganizzazione dei giovani, che tornano a occupare il centro della scena, e al risveglio dello spirito collettivo. Siamo comunità”.

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