In attesa di “Rearm Europe”, quanto spende oggi la Ue per la difesa?

800 miliardi di euro nei prossimi quattro anni. Tanto vale, almeno sulla carta, il piano “Rearm Europe” annunciato dalla Commissione europea. L’obiettivo è aumentare gli investimenti nella difesa dei Paesi europei in un periodo storico in cui gli Stati Uniti, sotto il presidente Donald Trump, hanno lasciato intendere di voler diminuire il loro impegno militare nell’area. I Paesi Ue saranno dunque chiamati nell’immediato futuro a dedicare al comparto una quota più ampia del loro prodotto interno lordo rispetto ad oggi. Ma, appunto, a quanto ammontano in questo momento e come sono distribuite le spese militari tra vari stati del continente? Proviamo a capirlo con l’aiuto di una serie di grafici e mappe. Spesa militare in aumento 150 miliardi di prestiti e fino a 650 miliardi di investimenti che resteranno fuori dai parametri del Patto di Stabilità e quindi non faranno scattare eventuali procedure di infrazione ai danni degli stati membri. È questo, in sintesi, lo schema del piano “Rearm Europe” che punta a innalzare ulteriormente la linea di crescita delle spese per la difesa europea. Ulteriormente, sì. Perché è da qualche anno ormai che la quota di Pil destinata a questo ambito nell’area è in salita: dall’1,4% del 2014 all’1,9% nel 2024, secondo i dati dell’Agenzia europea per la difesa. Il ritmo della crescita è accelerato, comprensibilmente, dopo l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia nel 2022. Non è però ancora giudicato sufficiente dalle autorità politiche continentali, soprattutto alla luce degli orientamenti in politica estera del presidente degli Stati Uniti Trump che in passato ha più volte chiesto all’Ue di aumentare gli sforzi economici in merito. Nel 2023 le risorse dedicate al comparto militare da parte dei 27 Stati comunitari erano, in percentuale rispetto al prodotto interno lordo, sostanzialmente inferiori a quelle della Russia e degli Stati Uniti. Una sicurezza, diverse percezioni Un altro aspetto che preoccupa i leader europei è la mancanza di una comune percezione dei rischi. Se le spese militari europee sono in aumento da un po’, questo non vale però per tutti i Paesi allo stesso modo. Osservando i dati, emerge una diversa visione della questione e, presumibilmente, un diverso senso di urgenza rispetto al tema. Estonia, Lettonia e Polonia, vale a dire i Paesi baltici e un ex membro del Patto di Varsavia, guidano infatti la fila degli incrementi di spesa militare, in particolare negli ultimi tre anni, ovvero dopo l’inizio del conflitto in Ucraina. L’Italia, che nel 2023 si situava sotto la media europea, nel tempo ha mantenuto la propria spesa abbastanza stabile. Ma la differenza tra i Paesi nordici e dell'Est più vicini al confine con la Russia e il resto dell’Europa diventa ancora più lampante quando viene proiettata su una mappa. Le porzioni di territorio colorate con i toni più scuri, che indicano una maggiore fetta di Pil dedicata agli investimenti militari, corrispondono infatti a Finlandia , Estonia , Lettonia , Lituania , Polonia , ovvero alcuni degli Stati che per ragioni storiche e di prossimità avvertono maggiormente la minaccia russa. Ucraina, chi aiuta di più Non è un caso che tra i Paesi che hanno supportato di più l’Ucraina in questi tre anni di guerra figurino proprio gli stessi Stati. Secondo i dati del Kiel Institute, la Finlandia ha inviato a Kiev aiuti umanitari, finanziari e militari per 2,7 miliardi di euro, quasi l’1% del Pil finnico. La Polonia 5 miliardi . Ancora più generosi, in relazione alla dimensione delle loro economie, i Paesi baltici: 760 milioni di euro di aiuti dall’Estonia , 567 milioni dalla Lettonia , 1,1 miliardi infine dalla Lituania . Per fare un paragone, i 2,3 miliardi di euro di aiuti che l’Italia ha inviato all’Ucraina, sempre secondo il Kiel Institute, corrispondono allo 0,11% del prodotto interno lordo dello Stivale. I 4,9 miliardi francesi allo 0,18 del Pil transalpino.

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