Cosa c'è scritto (e cosa no) nell'accordo sui minerali tra Usa e Ucraina

Le garanzie di sicurezza vanno ancora decise. Con queste parole il presidente Zelensky sottolinea una delle principali questioni che l’accordo bilaterale Usa-Ucraina sui minerali lascia ancora aperte. Ma ce ne sono anche altre. Iniziamo dalle garanzie di sicurezza. Il testo integrale dell’accordo che sta circolando in queste ore al punto 10 dice testualmente: “Il Governo degli Stati Uniti d'America sostiene gli sforzi dell'Ucraina per ottenere le garanzie di sicurezza necessarie a stabilire una pace duratura”. Gl i Stati Uniti dunque non forniscono direttamente queste garanzie, si limitano a sostenere gli sforzi di Kiev per ottenerle, e non è scritto chi debba essere a fornirle, se gli Stati uniti stessi o altri partner dell’Ucraina. Ѐ chiaro che dal punto di vista ucraino questo è un dettaglio che va chiarito perché con queste parole gli Stati Uniti non assumono nessun impegno preciso. L’accordo essenzialmente istituisce, con lo scopo esplicitato di assicurare una pace duratura, un fondo di investimento per la ricostruzione dell’Ucraina la cui governance sarà però decisa in contrattazioni successive alla firma. Il fondo sarà di proprietà comune tra i due Paesi con gli americani che però agiranno secondo le proprie leggi. L’Ucraina, stando all’articolo 3, contribuirà con il 50% di tutte le proprie rendite future derivanti dalle risorse naturali di proprietà pubblica, come depositi di minerali, petrolio, gas, tutti gli altri minerali estraibili e le infrastrutture ad esse legate come porti e depositi di gas liquefatto. Una fetta importante dei guadagni futuri del Paese finiranno, dunque, in questo fondo per la ricostruzione che viene creato senza indicare una data di scadenza. Almeno non ci sono cifre esatte: come sottolineato da Zelensky, non si parla infatti né di 500 miliardi, né di 350 e neppure di 100. Semplicemente non si fanno cifre, così come non si specifica di quali risorse ucraine si stia parlando, se solo di quelle nei territori sotto il controllo di Kiev o anche di quelle nel Donbass e nella Crimea sotto occupazione russa. Mentre quello che dovrà dare l’Ucraina è ben delineato, il testo non chiarisce invece quale sarà il contributo americano al fondo. Le uniche parole che ne parlano, all’articolo 4, sono vaghe: “gli Stati Uniti manterranno un impegno di lungo termine allo sviluppo di un’Ucraina stabile ed economicamente prospera. Ulteriori contributi potranno comprendere fondi, strumenti finanziari e altri asset critici per la ricostruzione dell’Ucraina, tangibili e intangibili ”. Nessun impegno preciso, dunque, non solo sulle garanzie di sicurezza ma neanche sugli impegni finanziari. L’ultima questione che rimane insoluta leggendo l’accordo è come il fondo investirà nella ricostruzione dell’Ucraina. Anche qui nessuna certezza, si rimanda tutto alle future contrattazioni che stabiliranno come funzionerà il Fondo comune: “I contributi versati al Fondo saranno reinvestiti almeno una volta all'anno in Ucraina per promuovere la sicurezza, la stabilità e la prosperità del Paese, secondo quanto sarà ulteriormente definito nell'Accordo sul Fondo. L'Accordo sul Fondo disciplinerà inoltre le future distribuzioni”. In sostanza, si tratta di un accordo preliminare che garantisce agli Stati Uniti l’accesso alle risorse naturali ucraine per un tempo indeterminato ma senza entrare nel dettaglio degli impegni americani, né sulla sicurezza né sul sostegno finanziario, né sulla ricostruzione. Questo accordo però manda anche a Kiev alcuni segnali importanti che fanno capire perché Zelensky sembrerebbe pronto a firmarlo. Innanzitutto, sono stati tolti i riferimenti specifici ai miliardi che Trump aveva detto di volere indietro e che invece per l’Ucraina e per il diritto internazionale sono state semplici donazioni di armi, quasi tutte a fondo perduto. Ma soprattutto, nelle premesse, si parla di pace duratura per una Ucraina che gli americani desiderano "libera, sovrana e sicura". E poi si cita esplicitamente “l’invasione russa su larga scala del febbraio 2022”. Sembra un passo in avanti rispetto al voto all’Onu di pochi giorni fa quando gli Stati Uniti hanno votato insieme a Russia e Corea del Nord contro la risoluzione europea che definiva la Russia uno stato aggressore.

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