La leader dell’opposizione bielorussa su Trump: "Gli Usa restino un faro di libertà"

Si presenta con la fotografia del marito, Siarhei Tsikhanouski, dissidente e prigioniero politico. Lo fa a ogni intervista che rilascia, Svitlana Tsikhanouskaya, leader dell’opposizione bielorussa, in esilio da quando nel 2020 ha osato sfidare alle elezioni presidenziali il dittatore di Minsk, Aleksandr Lukashenko. In quei giorni elettorali, milioni di persone sono scesi per strada nella capitale e in tutto il Paese per protestare contro una leadership decennale e immobile. La repressione smorzò quella rivolta nel sangue, mentre oltre 1.200 prigionieri politici restano nelle carceri bielorusse, secondo le locali organizzazioni per i diritti umani. Fra pochi giorni, il 26 gennaio, il regime ha indetto nuove elezioni presidenziali, ma da Davos, dove si apre in queste ore il World Economic Forum, riunione annuale di economisti, manager di impresa e capi di Stato e di governo, Tsikhanouskaya dice all’opposizione di risparmiarsi e attendere un momento più propizio alla sua lotta, di non scendere in strada dando alla leadership la possibilità di fomentare nuova repressione. E al presidente Donald Trump, che giura proprio negli istanti in cui la intervistiamo, chiede di mantenere le posizioni presenti degli Stati Uniti, “faro di libertà e speranza”, e di non “svendere” la Bielorussia, ma di “continuare le pressioni su un regime brutale”. E di Giorgia Meloni, dice che è tra le leader che “difendono” coloro che chiedono sostegno. Il presidente americano Donald Trump inizia il suo secondo mandato mentre parliamo. Che tipo di cambi di politica estera si aspetta nei confronti di Bielorussia e Ucraina? Per i bielorussi e per gli ucraini, e suppongo per tutte le altre nazioni che combattono dittature, gli Stati Uniti sono sempre stati faro di libertà e di speranza. È il ruolo dei Paesi più forti sostenere chi necessita di questo appoggio. Voglio credere che i principi degli Stati Uniti resteranno gli stessi: la lotta contro i criminali, contro i terroristi, contro i dittatori. E penso veramente che le posizioni sulla Bielorussia resteranno le stesse: fare pressioni sul regime, indebolire politicamente ed economicamente questo regime brutale, e dall’altro lato sostenere il popolo bielorusso, sostenere le forze democratiche bielorusse per continuare questa lotta contro la dittatura e non solo per sopravvivere a questi tempi difficili, ma per vincere la nostra lotta. Si parla di un possibile incontro tra il presidente Donald Trump e il leader russo Vladimir Putin dopo l’inaugurazione, che cosa si aspetta da un incontro simile e se lo auspica. Vorrei che durante questa conversazione gli Stati Uniti ribadiscano la loro posizione presente: la Russia deve rispettare l’integrità e l’indipendenza dell’Ucraina e della Bielorussia. Non vogliamo che la Bielorussia sia data come premio di consolazione a Putin dopo i negoziati. La Bielorussia non deve essere dimenticata o lasciata per il giorno dopo. Vorrei anche che gli Stati Uniti rafforzino il più possibile la posizione dell’Ucraina il più possibile perché ai negoziati l’Ucraina sia in una posizione più forte e tale da poter pretendere l’indipendenza dalla Russia, ma vorrei che il focus fosse anche sulla Bielorussia. Le truppe russe devono ritirarsi non soltanto dall’Ucraina ma anche dalla Bielorussia e devono rinunciare alle armi nucleari e adottare una politica di non ingerenza nelle decisioni interne della Bielorussia, perché la Bielorussia vuole diventare un Paese democratico e unirsi alla famiglia europea e seguire le proprie regole, mentre Lukashenko ha cercato di riportarci al nostro passato sovietico nella sfera d’influenza della Russia. E vuole un futuro diverso per noi ma senza il sostegno economico di Putin, Lukashenko non potrebbe sopravvivere un giorno di più. Parlando di futuro e di Lukashenko, fra pochi giorni ci saranno elezioni presidenziali in Bielorussia, lei le ha già definite “una farsa”. Si aspetta che, come nel 2020, l’opposizione scenda in piazza contro la leadership? Voglio che sia chiaro: quello che nel mondo libero chiamate elezioni non è uguale a quanto avviene in Bielorussia. Come ha detto lei è una farsa, un rituale di Lukashenko per se stesso e non per il popolo. Naturalmente abbiamo chiesto ai nostri partner democratici di non riconoscere il risultato e stiamo cercando il consenso tra i nostri alleati in modo che anche da loro arrivino dichiarazioni e risoluzioni che non riconoscono queste “elezioni” soprattutto in questo particolare momento storico in cui da anni il popolo sta vedendo una delle repressioni più brutali di sempre. Ogni giorno decine di persone sono arrestate, ogni giorno. E non voglio che tutte queste persone scendano in strada e sacrifichino la loro vita e la loro libertà per queste cosiddette elezioni di Lukashenko. Non è il momento dell’opportunità per il nostro Paese. Lukashenko otterrà i numeri che vuole al voto ma non cambierà le sue politiche. Continuerà a vendere la nostra indipendenza alla Russia e continuerà ad essere complice in questa guerra criminale contro l’Ucraina; quindi, vorrei dire alle persone: “State al sicuro e preparatevi per quando arriverà il vero momento del cambiamento, che potrà scaturire dalla vittoria ucraina, da questioni economiche, da motivi di salute di Lukashenko o altri fattori, ma quel momento non è adesso. Non è ancora arrivato quindi siate pronti, lavorate sottotraccia in Bielorussia ma non andate in strada perché abbiamo già abbastanza prigionieri politici nel Paese”. A proposito di prigionieri politici, secondo organizzazioni per i diritti umani, in Bielorussia sono più di 1.200 incluso suo marito, che cosa chiede ai leader riuniti qui a Davos? Per prima cosa il mio compito qui è ricordare a tutti della Bielorussia perché è triste dirlo ma è uno dei Paesi fuori dal focus al momento e vorrei sensibilizzare l’opinione pubblica su di noi, in primis per motivi di sicurezza perché va ricordato a tutti che senza un alleato democratico in Bielorussia non ci sarà pace in Europa. E una Bielorussia democratica sarà sempre in pericolo finché ci sarà Lukashenko. Ma soprattutto voglio condividere il continuo dolore per il numero di prigionieri politici che è in aumento, per la repressione che continua, e a volte ci si dimentica di questo. E non è più un argomento di discussione perché ci sono tante altre cose che succedono nel mondo, tante guerre e altre sfide, ma non possiamo decidere chi soffre di più, chi ha più problemi, dobbiamo semplicemente fare in modo che tutti i leader dei Paesi democratici si uniscano e lottino contro il male. E vorrei anche ricordare le storie di tante persone, incluso mio marito, che è ancora dietro le sbarre, persone che continuano ad aver fiducia nella Bielorussia e nel mondo democratico perché loro sono in carcere per dei valori comuni, non per qualcosa che è solo una prerogativa bielorussa, ma per i valori democratici, per i diritti di cui molti godono ogni giorno, eppure altrove molte persone muoiono quotidianamente per questo. Che simbolo rappresenta Maria Zaitseva, icona della rivoluzione Bielorussia - rivoluzione anche se non è andata come speravate - che è morta pochi giorni a combattendo in Donbass a fianco degli ucraini? Intanto non abbiate timore a chiamarla rivoluzione perché è proprio quello che avevano in mente le persone. Nel 2020 Lukashenko non è riuscito a sopprimere il pensiero dei bielorussi, non è riuscito a usare la brutalità per voltare pagina e riscrivere la storia, le persone hanno continuato a lottare sottotraccia nel Paese e in modo più aperto in esilio, e da lì la rivoluzione. Poi la guerra in Ucraina ha portato tanti eroi, icone, simboli di questi eventi storici. A volte ci è stato detto che la nostra rivoluzione è stata troppo pacifica e forse dovevamo essere più “attivi”, ma io porto sempre l’esempio dei tanti bielorussi che pur avendo protestato pacificamente in Bielorussia adesso si trovano a combattere al fronte in Ucraina. Quindi siamo pacifici nella misura in cui lo si può essere nella lotta contro un regime brutale. E naturalmente Maria Zaitseva, che era stata ferita gravemente durante la nostra protesta e si era poi sottoposta a una lunga riabilitazione, nonostante tutto non si è arresa: è andata in Ucraina a combattere nelle trincee gelide, fianco a fianco ai soldati ucraini, per difendere l’Ucraina e la Bielorussia. E il suo sacrificio non deve essere dimenticato, ma deve fare da monito al mondo intero: le persone sono pronte a sacrificare la propria vita per difendere valori che non devono essere traditi dal mondo democratico. Ci sono leader potenti e forti, specialmente donne, che portano alta e illuminata questa torcia e difendono coloro cui serve questo sostengo, penso alla vostra premier.

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