I cristiani in Siria, cosa può succedere ora?

I fatti degli ultimi giorni: un albero di Natale dato alle fiamme in un villaggio vicino Hama, raffiche di mitra contro le mura della cattedrale greco-ortodossa di Hama, le croci divelte nel cimitero locale. I cristiani scendono in strada per protestare e temono per il loro futuro. Le radici del Cristianesimo in Siria La Siria è da secoli un crocevia di culture, religioni e tradizioni diverse. Anche sotto il regime di Assad, convivevano - non sempre pacificamente - sunniti, sciiti e alauiti, drusi, cristiani cattolici, maroniti e ortodossi. Oggi, i cristiani siriani, che rappresentano una piccola ma significativa parte della popolazione, affrontano una sfida enorme. Ma facciamo un po’ di storia. Il cristianesimo in Siria affonda le radici nei primi secoli dopo la morte di Gesù. La città di Antiochia è stata una delle prime metropoli cristiane. Fu ad Antiochia che i discepoli di Gesù furono per la prima volta chiamati “cristiani” e ancora oggi - per chi crede - è possibile il pellegrinaggio alla tomba di San Luca evangelista. La Siria è anche il luogo in cui Paolo di Tarso, uno dei principali apostoli del cristianesimo, ebbe una visione che cambiò radicalmente la sua vita, dando inizio alla sua missione di evangelizzazione in tutta la regione. Mi è capitato, nei villaggi vicino Damasco, di visitare chiese proto-cristiane, del II secolo D.C. con ancora gli altari circondati da sversatoi per il sangue dei sacrifici a Dio. Nel corso dei secoli, la Siria divenne un centro spirituale e intellettuale del cristianesimo. Le chiese e i monasteri siriani furono tra i primi a sviluppare una teologia cristiana propria, con una particolare influenza delle tradizioni siriache, che sono tuttora praticate. Tra le più note, la Chiesa Ortodossa Siriana, la Chiesa Maronita, la Chiesa Caldea, e la Chiesa Armeno-Cattolica sono solo alcune delle denominazioni che hanno avuto una forte presenza nel paese. È doveroso ricordare, in tempi molto più recenti, anche l’opera di Padre Dall’Oglio, gesuita italiano, fondatore del monastero di Mar Musa, in Siria, di fronte all’ultimo villaggio dove ancora si parla l’aramaico, la lingua perduta di Cristo. Paolo Dall’Oglio, strenuo difensore del dialogo inter-religioso, è stato rapito nel 2013, nella zona di Raqqa, centrale del fanatismo islamico e, da allora, non se ne hanno più notizie. Una presenza mal sopportata Prima dello scoppio della guerra civile nel 2011, la comunità cristiana siriana era stimata tra il 10% e il 15% della popolazione totale, che all’epoca era di circa 22 milioni di persone. Questo dato, sebbene variabile a seconda delle fonti, sottolinea l’importanza dei cristiani come gruppo minoritario in un paese a maggioranza musulmana. Oggi, le cose sono cambiate: le nuvole che si intravedono per il timore di una creazione di uno stato islamico e soprattutto la recente storia di guerra civile e totale instabilità ha provocato nella sola Aleppo un vero e proprio esodo. Restano circa 20mila cristiani su una comunità che contava 150mila presenze prima del 2011. La Guerra Civile e la persecuzione Il conflitto siriano, iniziato nel 2011 come una protesta contro il regime di Bashar al-Assad, ha avuto un impatto devastante su tutte le comunità del paese, ma i cristiani sono stati particolarmente vulnerabili. La guerra civile ha creato un vuoto di potere che ha permesso a gruppi estremisti come lo Stato Islamico di guadagnare terreno, specialmente nelle regioni orientali e settentrionali. L’ISIS ha mirato specificamente alle minoranze religiose, tra cui i cristiani, accusandoli di essere “infedeli”. Molti cristiani siriani sono stati costretti a fuggire dalle loro case per sfuggire alla violenza, alle minacce di morte, e alle rapine. In alcune aree, le chiese sono state distrutte, e i cristiani sono stati obbligati a pagare un tributo speciale per poter vivere in città sotto il controllo dei miliziani islamisti. Nonostante la brutalità del conflitto, i cristiani sono stati anche protagonisti di storie di resistenza. A Damasco e Aleppo, due delle città più colpite dalla guerra, la vita religiosa è continuata grazie all’impegno delle comunità locali e al sostegno di alcune organizzazioni internazionali. Il 2025: speranze e timori Nonostante le gravi difficoltà, molti cristiani hanno scelto di rimanere in Siria, continuando a pregare nelle chiese danneggiate, a educare i giovani e a mantenere vive le tradizioni. Alcuni sono tornati nelle loro città d’origine, anche se la situazione rimane instabile e incerta. Qual è il grande timore? Detta in due parole, che nasca uno stato islamico radicale. Le parole di Al-Jolani sono rassicuranti: “Vogliamo includere tutte le comunità nella Nuova Siria”, poi ha anche dichiarato che i responsabili degli attacchi ad Hama saranno puniti. Ma ciò che è successo negli anni recenti nella zona di Idlib, l’unica governata dai sunniti oggi al potere in tutto il Paese, fa riflettere. Una amministrazione regolata dalla legge islamica, la sharia, almeno fino a tempi recentissimi, quando si è cominciata a respirare una nuova aria. Infine, l’altro timore dei cristiani è che gli venga rinfacciata la vicinanza al regime di Assad. Sarà una strada complicata da percorrere quella dei nuovi leader siriani. Come nel dopoguerra in Italia, i sentimenti di vendetta saranno difficili da governare.

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