Ucraina, Zelensky alle prese con diserzioni e reclutamento valuta l’armistizio

Sono settimane dure per Volodymyr Zelensky e l’Ucraina prossimi a toccare i tre anni consecutivi di resistenza armata all’invasione russa. E dopo una lunga fase di confronto, nella seconda metà del 2024 l’inerzia sul campo ha iniziato a pendere verso Mosca, tanto che in poche settimane dal “Piano della Vittoria” il presidente ucraino è arrivato, precipitosamente, a parlare di un’ipotesi armistizio sulla linea del fronte. Il presidente ucraino si è detto disposto a negoziare un cessate il fuoco con la Russia qualora la Nato ufficializzasse l’adesione dell’Ucraina, dichiarandosi pronto in caso di precise garanzie di sicurezza a rimandare a un secondo momento la questione dei territori che restano sotto controllo militare russo. “Se vogliamo fermare la fase calda della guerra, dobbiamo porre sotto l'ombrello della Nato i territori dell'Ucraina sotto il nostro controllo”, ha detto Zelensky. Le spine di Zelensky Il tentativo di Zelensky di porre le basi per un negoziato avviene mentre nel Donbass l’avvicinarsi dell’inverno non sta frenando l’avanzata russa. L’Institute for the Studies of War prevede che al ritmo attuale le truppe di Mosca potrebbero trovarsi, dopo il periodo più rigido dell’inverno, ben posizionate per assaltare all’inizio del 2025 Pokrovsk e Kramatorsk, due degli ultimi bastioni che mancano alla Russia per dichiarare vinta la battaglia del Donbass. E mentre l’Ucraina, nonostante il via libera ai raid sul territorio russo è sotto pressione anche nella sacca di Kursk occupata a ad agosto, sono due i principali problemi con cui le forze di terra devono fare i conti: il crescente numero di diserzioni tra le truppe e le difficoltà nel reclutamento. La guerra di logoramento stanca l’Ucraina Dato che nell’ultimo biennio il conflitto in Ucraina ha preso le forme di una vera e propria guerra di logoramento, le risorse umane e materiali di Kiev hanno iniziato a consumarsi a un ritmo crescente. Zelensky fa pressione sugli alleati perché mantengano ben fornite le scorte di armamenti, ma ad oggi il dilemma per il suo esercito è quello del capitale umano. Le diserzioni e i bassi tassi di reclutamento ne sono la spia luminosa. Secondo la Procura generale di Kiev più di 100mila cittadini ucraini sono stati incriminati per diserzione da quando la Russia ha invaso il Paese il 24 febbraio 2022. Ma per Zelensky e i suoi il dato più preoccupante è il fatto che “la metà di loro è stata registrata solo nell'ultimo anno, dopo che Kiev ha lanciato un'aggressiva e controversa campagna di mobilitazione che, secondo funzionari governativi e comandanti militari, è stata in gran parte un fallimento”, nota Defense News. In larga parte, sottolinea il Financial Times, le diserzioni avvengono tra le unità di neo-reclutati mandate al fronte con poco addestramento. A fine ottobre centinaia di soldati della 123° Brigata dell’esercito hanno abbandonato la linea del fronte a Vuhledar, tornando nella città navale di Mykolayiv per protestare contro la scarsa preparazione ricevuta e l’armamento insufficiente. I cittadini ucraini iniziano a essere sempre più stanchi della guerra, e in un contesto che vede due terzi del milione circa di uomini di cui sono composte le forze armate di Kiev provenire dal servizio di leva, l’espansione della base operativa dell’esercito e degli altri corpi appare un rompicapo senza soluzione. Nodo reclutamento Con milioni di ucraini fuori dal Paese, l’abbassamento dell’età di leva da 25 a 18 anni proposto dagli alleati di Kiev che non viene applicato e un sistema di reclutamento assai poroso, per le armate di Zelensky il problema delle risorse umane è cruciale. Nei prossimi tre mesi Kiev intende reclutare 160mila uomini, ma combattenti inesperti, poco addestrati e meno motivati non sono l’ideale un fronte critico come quello del Donbass. L’incertezza sul futuro fa il resto. Ecco perché Zelensky parla di negoziato. Del resto, l’idea che l’Ucraina perda di fatto territori nella pace con la Russia è anche ipotizzata dal generale Keith Kellogg, prossimo inviato per l’Ucraina dell’amministrazione Usa di Donald Trump, con cui Zelensky dovrà fare i conti da gennaio. La nomina di Kellogg mostrerà una svolta negoziale tutt’altro che indifferente e di cui Kiev sembra cominciare a prendere atto. Il grande interrogativo sarà capire se a voler chiudere la guerra sia anche il Paese aggressore, la Russia: Vladimir Putin non ha mostrato alcuna seria disponibilità a negoziare e sul campo Mosca fa parlare le armi. Ora che l’inerzia gioca a suo favore, ogni speranza di cessate il fuoco rischia di scontrarsi con la desolante realtà tracciata dalle ambizioni di Mosca sul territorio ucraino.

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