L'Irlanda al voto anticipato affronta le crisi immobiliare e migratoria

L’Irlanda va alle elezioni anticipate in quella che si profila una corsa a tre. Sono infatti vicinissimi nei sondaggi i due partner di coalizione che hanno governato il paese negli ultimi quattro anni: il centrodestra del Fine Gael dell’attuale taoiseach Simon Harris e i liberali del Fianna Fail guidati dal vicepremier Michael Martin, e l’opposizione di sinistra del Sinn Fein, con a capo la storica leader MaryLou MacDonald. Il risultato più atteso sarà proprio quello legato alla capacità della grande coalizione di governo di respingere, una volta di più, l’assalto del partito che nelle sei contee del Nord facenti parte del Regno Unito tallona i partiti di governo mentre a Sud fatica. Il Sinn Fein, ex ala politica dell’Irish Republican Army e formazione convintamente nazionalista che ha come obiettivo la riunificazione dell’Isola Verde, è stato a lunga ben al di sopra il 30% nelle intenzioni di voto prima di crollare di un terzo nell’ultimo semestre. Harris spinge Fine Gael e la coalizione contro il Sinn Fein Secondo la Bbc, sono due i fattori critici che la sinistra ha dovuto affrontare: da un lato, l’assenza di proposte concrete sul tema dell’immigrazione fortemente sentito dai cittadini irlandesi dopo che il Paese ha accolto un gran numero di rifugiati provenienti dall’Ucraina e da altri Stati fragili. Dall’altro, la sorpresa politica rappresentata da Simon Harris, che ha lottato politicamente per rilanciare l’accordo di governo tra Fine Gael e Fianna Fail e ridargli concretezza. Il 38enne primo ministro, leader più giovane della storia dell'Irlanda indipendente, in carica da marzo 2024 dopo le dimissioni del collega Leo Varadkar, ha sfidato il Sinn Fein e le sue critiche all’esecutivo su vari dossier. In primo luogo, quello dell’economia, campo in cui la coalizione di governo è accusata di non aver saputo gestire una profonda crisi immobiliare. Perciò, complice un surplus di bilancio di 25 miliardi di euro per il 2024 Harris e il ministro dell'Economia Jake Chambers hanno finanziato politiche di investimento pubblico in infrastrutture, reti energetiche e edilizia e un corposo taglio alle imposte sul reddito dal valore di 8,3 miliardi di euro, a cui si aggiungono spese anti-inflazione di oltre 2 miliardi. A finanziare metà di questa spesa, un tesoretto da 13 miliardi di euro in imposte mai pagate prima d’ora da Apple, costretta a restituire gli sconti fiscali negoziati a Dublino dalla Corte di Giustizia Europea. Inoltre, il taoiseach ha sfidato il Sinn Fein anche sulla politica estera, anticipandolo sul riconoscimento della Palestina e della sua statualità a cui buona parte della cittadinanza irlandese è favorevole. Stabilità in un'Europa che al voto sorprende? In un’Europa che andando al voto presenta sempre grandi stravolgimenti - il 2024 dalla Francia alla Romania è stato ricco di colpi di scena - l’Irlanda appare una relativa oasi di stabilità, in cui il voto potrebbe riaprire la strada alla coalizione uscente: “Sono necessari circa 88 seggi per formare una maggioranza e, poiché nessun partito dovrebbe ottenere da solo la maggioranza assoluta, un'altra coalizione sembra inevitabile”, nota il Guardian. Aggiungendo che “Fianna Fáil e Fine Gael hanno entrambi escluso di formare una coalizione con Sinn Féin, rendendo altamente improbabile che la promessa di McDonald di formare un governo da lei guidato venga rispettata”. La sinistra spera di mantenere il primo posto del 2020 in termini di voti per restare in partita, ma gli umori risultano decisamente più cupi di quelli di un biennio fa, quando il trionfo del Sinn Fein in Irlanda del Nord lasciava presagire un bis a Dublino che oggi, al voto anticipato, appare decisamente remoto. Il Paese infatti va alle urne sfiduciato, alle prese con affitti alle stelle, senzatetto in aumento e rivolte anti-migranti, accusati dai partiti nazionalisti emergenti di aumentare il tasso di criminalità e di pesare sul welfare.