Elezioni Usa 2024, la Fed prepara taglio dei tassi per il dopo voto. Cosa vuol dire
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Manca pochissimo al voto negli Stati Uniti e l’incertezza continua a regnare nei sondaggi: Kamala Harris e Donald Trump sembrano appaiati nei consensi e poche manciate di voti negli Swing States possono essere determinanti per stabilire chi siederà alla Casa Bianca a partire da gennaio.
Intanto però i temi economici rimangono sul tavolo e la Federal Reserve - la banca centrale degli Stati Uniti - sembra pronta a decretare un nuovo taglio del costo del denaro, dopo quello già stabilito un paio di mesi fa
Quello che devi sapere
Verso un taglio di 25 punti
- A settembre la Fed aveva deciso un taglio di 50 punti base dei tassi d’interesse. Adesso invece gli analisti si attendono una sforbiciata più contenuta, dunque di un quarto di punto, anche al fine di tenere aperte quante più opzioni possibili in base al risultato elettorale: una presidenza Trump o una presidenza Harris potrebbero infatti scegliere politiche economiche diverse e dunque con impatti differenti sulla crescita dell’economia statunitense e sui tassi d’inflazione
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La riunione post-elezioni
- La riunione della Federal Reserve è prevista in calendario per giovedì, dunque dopo la tornata elettorale ma non necessariamente con la certezza del risultato che uscirà dalle urne: tra possibili ricorsi e richieste di riconteggi nel caso di un arrivo a poche centinaia di voti di distanza, la certezza sulla presidenza potrebbe arrivare dopo diversi giorni, se non addirittura settimane. E per questo il board dei governatori sembra che si stia muovendo partendo dagli unici dati certi finora disponibili
L’inflazione negli Stati Uniti
- L'inflazione infatti continua a rallentare e a settembre è calata al 2,4% dal 2,5% di luglio, segno che la stretta monetaria ha fatto effetto e l'allentamento può proseguire. Per capire a che ritmo possa proseguire il taglio dei tassi, si sta guardando allo stato di salute dell'economia Usa, e all'ultimo dato pubblicato, quello sull'occupazione. Nonostante abbia deluso le attese, non preoccupa più di tanto: soltanto 12mila nuovi posti di lavoro creati ad ottobre contro i 100mila attesi, il risultato più debole dal 2020, ma che riflette l'impatto degli uragani e degli scioperi alla Boeing, dunque per gli analisti si tratta di un effetto transitorio.
L’impatto dell’economia sul voto
- La Casa Bianca si è affrettata a spiegare che l'economia "resta forte" e che in novembre è atteso un rimbalzo dell'occupazione, cercando di far dimenticare che il dato di ottobre è il peggiore dell'era Biden. Altrettanto rapidamente lo staff di Donald Trump ha cavalcato la doccia fredda sul mercato del lavoro per attaccare Kamala Harris e le sue "politiche fallimentari". Per la vicepresidente la rilevazione è una tegola non indifferente che rischia di accentuare ancora di più le sue difficoltà sull'economia, tema cruciale per gli elettori e che vede l'ex presidente in vantaggio.
Il Pil continua a crescere
- Per il resto, la crescita economica resta solida: il Pil è salito del 2,8% nel terzo trimestre, meno dei tre mesi precedenti ma abbastanza per far svanire ogni rischio di recessione. Gli statunitensi comunque continuano a sentirsi in una posizione finanziaria peggiore rispetto a qualche anno fa e schiacciati dal caro vita. Se infatti è vero che la galoppata dei prezzi è rallentata, come certificato dai dati, è altrettanto vero che i costi degli alimentari e delle case sono più alti rispetto ai livelli pre-pandemia. E neanche l'aumento dei salari, cresciuti più velocemente dei prezzi, riesce ad allentare la pressione delle famiglie.
Il taglio da 25 punti
- La Fed in ogni caso sembra intenzionata a procedere con gradualità, al fine di non incoraggiare una ripartenza dell'inflazione. Gli analisti prevedono dunque, come detto, un taglio da 25 punti base giovedì, al quale potrebbe seguire un altro della stessa entità a dicembre. Sempre se, nel frattempo, la politica economica del nuovo presidente degli Stati Uniti non abbia sconvolto troppo il quadro macroeconomico.
Le possibili sfide in vista
- Ad esempio, le politiche dei dazi di Trump potrebbero far salire di nuovo i prezzi, e mettere pressione sulla Fed che si vedrebbe costretta a cambiare il piano in corsa. Lo scenario Usa avrà un impatto anche sull'Eurozona, con la Bce che tornerà a riunirsi a metà dicembre e, per ora, è orientata a proseguire l'allentamento. Ma la situazione è molto diversa al di qua dell'Oceano: ridurre il costo del denaro, e quindi rincoraggiare l'economia, per l'Europa è fondamentale viste le performance deludenti sul fronte della crescita.
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