Telegram, arrestato in Francia fondatore Durov. Mosca: "Parigi si rifiuta di cooperare"
MondoL'ambasciata russa a Parigi accusa le autorità francesi di "rifiutarsi di collaborare" sul caso dell'amministratore dell’app di messaggistica criptata arrestato il 24 agosto. Musk: "Si viene giustiziati per un meme". Snowden: "Arresto è un attacco alla libertà di parola"
Nuovi sviluppi sul caso di Pavel Durov, fondatore e amministratore delegato del servizio di messaggistica criptata Telegram, arrestato all'aeroporto Le Bourget, nei pressi di Parigi, il 24 agosto. La magistratura francese ritiene che la mancanza di moderazione, di cooperazione con le forze dell'ordine e gli strumenti offerti (numero usa e getta, scambio di criptovalute, ecc.) rendano Telegram complice delle attività illegali che vi si svolgono, dal traffico di droga alle frodi. L'ambasciata russa a Parigi oggi accusa le autorità francesi di "rifiutarsi di collaborare" con Mosca. "Dopo la diffusione sui media della notizia dell'arresto, abbiamo chiesto immediatamente chiarimenti alle autorità francesi - si legge in un post diffuso sui social media dalla rappresentanza diplomatica - che siano tutelati i diritti" di Durov e che sia "garantita l'assistenza consolare. Ad ora la parte francese rifiuta di cooperare. Siamo in contatto con il legale di Durov".
Medvedev: "Errore di Durov lasciare Russia per diventare global citizen"
Durov ''ha sbagliato quando ha deciso di lasciare la Russia per diventare un global citizen’’, ha scritto intanto su Telegram il vice presidente del Consiglio di sicurezza nazionale russo Dmitry Medvedev. "Voleva essere un cittadino del mondo che sta bene a vivere lontano dalla sua patria", ha aggiunto ricordando un colloquio con Durov durante il quale l'imprenditore si era dimostrato riluttante a collaborare con le forze di sicurezza russe. "Ha fatto male i suoi calcoli. I nemici che ora abbiamo in comune lo vedono come un russo e, quindi, imprevedibile e pericoloso", ha osservato ancora Medvedev. "È giunto il momento che Durov capisca che non si può scegliere né il Paese d'origine né i tempi in cui si nasce".
Musk difende Durov
Sulla vicenda è intervenuto anche Elon Musk, su X: "È il 2023 e in Europa si viene giustiziati per il like a un meme", scrive Musk. X è sotto i riflettori dell'Unione Europea, e in particolare del commissario Thierry Breton, per le attività di contrasto all'odio online e alla disinformazione. Musk, anche nelle interazioni con gli utenti, fa spesso riferimento al 'free speech', la libertà di poter esprimere pensiero e opinioni. Ora, l'arresto di Durov accende ulteriormente il dibattito. Il numero 1 di Telegram rischia "20 anni..." di carcere, osserva Musk, che definisce i tempi attuali "pericolosi" e si schiera tra i sostenitori dell'hashtag #FreePavel prima di ironizzare sulla posizione della Francia in relazione ai diritti: "Liberté. Liberté! Liberté?". Quindi, risponde con un perentorio “100%” a chi afferma che ''oggi tocca a Telegram, domani tocca a X". Poi il riferimento al secondo emendamento, che negli Stati Uniti sancisce che "il diritto dei cittadini di possedere e portare armi non potrà essere violato".
Snowden: "Attacco a libertà di parola"
"L'arresto di Durov è un attacco ai diritti fondamentali di libertà di parola e di associazione", scrive su X l'ex talpa dell'Nsa americana, Edward Snowden, dopo il fermo in Francia del fondatore di Telegram. "Sono sorpreso e profondamente rattristato che Macron sia sceso al livello della presa di ostaggi come mezzo per ottenere l'accesso alle comunicazioni private. Porta in basso non solo la Francia, ma il mondo", aggiunge Snowden.
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Cosa è successo
Come detto, al suo arrivo in Francia dall'Azerbaigian, accompagnato dalla sua guardia del corpo, Pavel Durov, il 39enne fondatore e ceo franco-russo di Telegram, è stato arrestato. Nei suoi confronti era stato emesso un mandato dagli inquirenti francesi che indagano sul servizio di messaggistica istantanea. Il sistema era sotto la lente dell'Ufficio nazionale antifrode. Durov aveva fino ad ora evitato il più possibile di recarsi in Europa, dove la sua azienda è nel mirino, e aveva l'abitudine di viaggiare negli Emirati, nei Paesi dell'ex Unione Sovietica o in Sud America.