Elezioni Usa, Biden si ritira e designa Kamala Harris. Cosa succede e i possibili scenari
MondoIntroduzione
Joe Biden, dopo le polemiche e le pressioni, si è ritirato dalla corsa alla Casa Bianca e ha annunciato il suo appoggio all’attuale vicepresidente Kamala Harris come sua sostituta. Ma la nomina non è automatica né scontata.
Il nome ufficiale del candidato (o della candidata) democratico sarà sancito tra il 19 e il 22 agosto a Chicago: il rischio è che, senza un accordo su Harris, ci sia una convention “brokered”, ossia aperta, dove si sfiderebbero vari candidati
Quello che devi sapere
Il ritiro di Biden e il sostegno a Harris
- Joe Biden, dopo le polemiche e le pressioni, si è ritirato dalla corsa alla Casa Bianca. Ha anche annunciato il suo appoggio, per le elezioni presidenziali del novembre 2024, all’attuale vicepresidente Kamala Harris come sua sostituta per “battere Donald Trump”. Il nome ufficiale del candidato (o della candidata) democratico alla Casa Bianca sarà sancito tra il 19 e il 22 agosto a Chicago. E non è detto che quella di Kamala Harris sia una nomination scontata. Ecco i prossimi passi
- Per approfondire: La lettera di Biden con l'annuncio del ritiro dalle presidenziali
Il passo indietro di Biden
- Biden, dopo settimane di passione e di pressing da parte del suo partito, ha annunciato il passo indietro in una lettera postata su X. Un ritiro arrivato a sorpresa, dopo che il presidente aveva assicurato fino a qualche ora prima che non avrebbe mollato. “È stato il più grande onore della mia vita servire come presidente. E anche se era mia intenzione cercare la rielezione, credo che sia nel miglior interesse del mio partito e del Paese ritirami e concentrarmi solamente sui compiti da presidente per il resto del mandato", ha scritto Biden nella lettera indirizzata agli americani, ai quali parlerà la prossima settimana per spiegare le motivazioni del suo ritiro
L’endorsement di Biden a Harris
- “La mia primissima decisione come nominato del partito nel 2020 è stata quella di scegliere Kamala Harris come mio vicepresidente. Ed è stata la migliore decisione che ho preso. Oggi voglio offrire il mio pieno sostegno e il mio appoggio affinché Kamala sia la candidata del nostro partito quest'anno. Democratici: è ora di unirsi e battere Trump. Facciamolo", ha scritto Joe Biden su X. Il presidente, quindi, dopo essersi ritirato dalla corsa al secondo mandato ha dato il suo endorsement alla vicepresidente Kamala Harris per le elezioni di novembre, invitando il Partito democratico a sostenerla in modo compatto alla convention di Chicago il prossimo 19 agosto
Riflettori su Kamala Harris
- I riflettori ora sono tutti puntati su Harris, la vicepresidente mai tanto amata dal suo partito e dagli elettori e che ora è la candidata in pole, sempre se le varie anime del partito democratico non le faranno la guerra. La numero due del presidente è la scelta più ovvia e inevitabile, essendo la sua erede naturale, anche in caso di morte o malattia durante la presidenza. Ma il percorso per Harris, da qui alla convention, è tutt'altro che in discesa e sulla sua strada verso la candidatura alla Casa Bianca ci sono vari ostacoli
Le prossime scadenze
- Innanzitutto c'è la scadenza del 7 agosto, cioè la deadline dell'Ohio per la registrazione dei candidati. A giugno il governatore dello Stato, Mike DeWine, ha firmato una legge che sposta la scadenza a settembre, ma poiché il provvedimento di fatto entrerà in vigore proprio quel mese e non prima, i democratici vogliono accelerare il processo. Da qui al 19 agosto, poi, Biden dovrebbe assicurarsi il sostegno di tutto il partito, così da poter essere in grado di proporre ai 3.894 delegati riuniti a Chicago di votare per Harris. Quella di Chicago, infatti, sarà una convention senza il candidato già prescelto nelle primarie e quindi bisognerà presentarsi con un altro nome già deciso o trovarne uno lì
Chi sarà il vice di Harris?
- Uno dei primi e maggiori nodi da sciogliere, sempre alla kermesse, è chi sarà - nel caso - il vice di Kamala Harris. Alcuni donatori dem hanno già iniziato a finanziare un processo di valutazione dei possibili numeri due. Nella lista dei papabili ci sarebbero i governatori della Pennsylvania Josh Shapiro e del Kentucky Andy Beshear. L'interesse però è anche sui governatori della North Carolina Roy Cooper e del Michigan Gretchen Whitmer, ma anche sul senatore dell'Arizona Mark Kelly. Molti fra i democratici sognano un ticket tutto al femminile con Harris e Whitmer, altri invece temono che sia troppo rischioso perché l'America non potrebbe essere pronta a un presidente e un vicepresidente donna
Gli altri scenari
- Ma non è detto che per Kamala Harris fili tutto liscio e il passaggio di testimone non è automatico. Se ci fossero forti e aperti contrasti sulla sua candidatura, infatti, si rischia lo scenario di una convention “brokered”, ossia aperta, dove si sfiderebbero vari candidati oltre alla vicepresidente. Tra questi potrebbero esserci i governatori della California Gavin Newsom, del Michigan Gretchen Whitmer e della Pennsylvania Josh Shapiro, che è anche dato in pole position per la vicepresidenza. Girano i nomi anche di altri governatori: J.B. Pritzker (Illinois), Tony Evers (Wisconsin) e Andy Beshear (Kentucky). Questi nomi dovrebbero contendersi con Harris i delegati vinti da Biden alle primarie. Se nessuno passasse al primo turno, entrerebbero in gioco i 700 super delegati, ossia dirigenti ed eletti del partito. Lo scenario di una convention aperta è quello più complesso, perché si rischiano spaccature, divisioni e caos e soprattutto di alienare il voto delle donne e degli afroamericani, zoccolo duro dell'elettorato democratico. L’ipotesi di una mini-primaria a Chicago è quella suggerita, tra gli altri, dall'ex speaker della Camera Nancy Pelosi
La convention
- Durante la convention di Chicago, quindi, senza un accordo su Harris altri democratici potranno contendersi con lei il voto dei delegati. In teoria, in base alle regole del Partito democratico, i delegati eletti per Biden non hanno nessun obbligo di appoggiare il successore da lui indicato. Tuttavia, per avere una maggioranza di delegati che scelga un candidato diverso da Harris dovrebbe esserci un massiccio numero di defezioni da parte dei supporter di Biden. Dalla seconda chiama, poi, entrano in gioco i “super delegati”, che avrebbero maggiore libertà di voto
Le regole
- Per candidarsi alla nomination in una open convention, i candidati devono presentare almeno 300, ma non più di 600, firme di delegati. Ogni delegato può firmare una sola petizione di un candidato. Inoltre, un candidato non può ottenere il sostegno di più di 50 delegati di uno Stato. Calcolando che ci sono 4.700 delegati, il numero dei possibili candidati potrebbe arrivare a un massimo di 15. Ma è uno scenario da incubo e di completo caos, che sicuramente i democratici nelle prossime settimane cercheranno in tutti i modi di evitare
I fondi elettorali
- C’è, poi, la questione dei fondi elettorali: alla fine di giugno la campagna di Biden aveva nelle sue casse 96 milioni di dollari, con staff e uffici elettorali in tutto il Paese. A chi andrà questa massiccia infrastruttura? Dato che non ci sono precedenti di un cambio di candidato nell'era delle campagne elettorali miliardarie, non c’è una risposta certa. Se Harris rimarrà nel ticket, in ogni caso, sarebbe logisticamente più facile per lei prendere il controllo dei fondi e della macchina elettorale, visto che i soldi e il resto sono intitolati alla campagna Biden-Harris
Processo “trasparente”
- Intanto, in un comunicato il Partito democratico ha promesso un processo "trasparente" per scegliere il nuovo candidato alla Casa Bianca. Si avvierà nei prossimi giorni un processo "trasparente e ordinato" per scegliere un nome "che possa sconfiggere Donald Trump a novembre", ha detto il presidente Jaime Harrison
- Per approfondire: Kamala Harris, la donna dei primati designata da Biden come candidata alla Casa Bianca: chi è