In Francia l’insicurezza spinge l’estrema destra alle Europee

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Chiara Piotto

Chiara Piotto

Continua il nostro viaggio attraverso l’Europa, in vista del voto di giugno, per raccontare - almeno in parte - come Oltralpe il Rassemblement National resta ampiamente in testa in tutti i sondaggi

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Da prima ancora che la campagna elettorale per queste elezioni europee cominciasse, in Francia i sondaggi sembravano indicarne i vincitori: il Rassemblement National, l’estrema destra di Marine Le Pen e soprattutto - capolista per questo voto oltre che Presidente del partito - il 28enne Jordan Bardella. Il RN era già arrivato primo in occasione delle europee 2019, ma senza distaccare di molto il gruppo del Presidente Macron. La novità è che quest’anno tutti i sondaggi danno l’estrema destra al 30%, ben il doppio rispetto al gruppo della maggioranza (Renaissance), che si trova invece a dover combattere per la seconda posizione di fronte all’astro nascente dei Socialisti, Raphael Glucksmann. 

L’analisi del politologo

Cosa è successo in questi cinque anni? Perché l’estrema destra è cresciuta così tanto? Abbiamo incontrato a Parigi il politologo Jean-Yves Camus, esperto nelle dinamiche dell’estrema destra: “Di certo, come un po’ dappertutto in Europa, gioca una certa stanchezza nei confronti dei partiti tradizionali. Da un lato della destra conservatrice liberale, considerata troppo sottomessa nei confronti di Bruxelles, dall’altro della sinistra social-democratica che si è allontanata dalle proprie origini social-popolari”, spiega. 

La sicurezza tra le priorità degli elettori di ogni schieramento

Questione di comunicazione, delusione di fronte al gruppo presidenziale al Governo da ormai sette anni, ma non solo: nella sua analisi il ricercatore si sofferma in particolare sul tema dell’insicurezza nel Paese, che sale tra le priorità espresse dagli elettori e resta un tema elettorale “monopolio” dell’estrema destra: “La sicurezza è una priorità oggi sia per gli elettori di Marine Le Pen che per molti elettori francesi non soltanto di destra, come i Repubblicani, ma anche di sinistra. Perché abbiamo realmente un problema di insicurezza nel Paese e non bisogna più far finta di non vedere i dati. L“inselvaggiamento della società”, come lo chiamano alcuni non riguarda più solo le grandi città ma anche i piccoli comuni. L’aumento dell’uso della violenza in modi che non erano così frequenti anche solo dieci anni fa è un dato di fatto. Dunque questo bisogna tenerlo in considerazione e credo che non voglia dire rinnegare i valori della sinistra progressista”. Manca una contro-proposta della sinistra sui temi della sicurezza e dell’immigrazione irregolare, conclude Camus, “che non possono restare il monopolio del Rassemblement National”. 

L’aumento delle violenze in Francia

L’ “ensauvagement de la France” a cui il ricercatore fa riferimento è un tema di dibattito quotidiano in Francia dagli scontri nelle periferie - innescati dalla morte del 16enne Nahel a Nanterre - che misero in subbuglio il Paese nell’estate 2023. La cronaca quotidiana riferisce di cifre inquietante: gli attacchi a persone, spesso con coltello o altre armi bianche, sono all’ordine del giorno e riguardano in particolare le fasce più giovani della popolazione. Numeri che hanno spinto il Governo, a primavera 2024, ad avviare i lavori per una proposta di legge che renda più severe le punizioni per i minorenni che delinquono e per i genitori colpevoli di non aver vigilato su di loro. Alcuni comuni - il più grande dei quali è Nizza - hanno persino introdotto un coprifuoco notturno per i minori di 13 anni. Mentre le scuole si barricano con misure di sicurezza pensate sì contro gli attacchi terroristici, ma anche contro le aggressioni tra studenti diventate sempre più frequenti.

Le “scuole-bunker”

E’ partendo proprio da questi dati, elettorali e di cronaca, che abbiamo visitato la Regione Rhône-Alpes, il cui capoluogo Lione è una delle città più insicure di Francia, dove il Presidente della destra repubblicana Laurent Wayquiez ha fatto della protezione delle scuole una propria priorità. Scelta politica ma “di necessità di fronte alla richiesta crescente dei cittadini e dei presidi”, ci ha spiegato il vice-Presidente di Regione con delega alla Sicurezza, Renaud Pfeffer, che incontriamo davanti a un istituto superiore protetto da un’alta griglia con tornelli, badge e un circuito di video-sorveglianza tutt’intorno al comprensorio. Nel mostrarci il funzionamento, la preside Rachel Vagney si è rammaricata di dover arrivare a questo punto: “Non vogliamo che la scuola diventi una fortezza, ma è un sistema di sicurezza che ha la sua utilità”, ci dice, tenendo tra le mani il suo badge, “dopodiché è triste, è triste che siamo costretti a fortificare tutto. Ma a volte è necessario, se può salvare delle vite…”.

L’integrazione ancora non risolta

Il clima di insicurezza non aiuta certo a contrastare il discorso anti-immigrazione dei partiti di estrema destra, per cui i due temi sono strettamente legati. Nel dipartimento del Nord, che ospita Lille, abbiamo visitato Roubaix, cittadina operaia da 100mila abitanti con una storia di immigrazione dai Paesi del Maghreb che risale agli anni ’60-’70. Negli ultimi anni Roubaix è diventata un po’ il simbolo del dibattito sull’integrazione: nota come “una delle città più musulmane di Francia”, appare sfidare il principio repubblicano della laicità, con le sue vie piene di negozi halal e i tanti veli islamici indossati per strada. Roubaix lotta contro un tasso di criminalità molto alto, in buona parte legato al traffico di droga, ma gli abitanti non vivono l’integrazione in città come problematica. Abbiamo addirittura visitato una scuola privata cattolica dove, al pari della religione cattolica, vengono insegnate la religione musulmana e quella ebraica. Le classi sono prevalentemente frequentate da studenti musulmani.

Le periferie all’ombra delle Olimpiadi 2024

Se c’è un modello di integrazione che sicuramente non sta funzionando è quello delle periferie francesi. Tra le più note banlieue c’è quella di Saint Denis, alle porte di Parigi, che ambisce alla gentrificazione in occasione delle Olimpiadi che inizieranno il 26 luglio. Proprio qui si trovano infatti alcune delle strutture centrali dell’evento: il nuovo Villaggio olimpico costruito a pochi metri da fabbriche abbandonate ed ex squat, il nuovo Centro acquatico olimpico, lo Stade de France. Impiantare migliaia di sportivi e visitatori da tutto il mondo su uno dei territori più poveri e con il più alto tasso di criminalità del Paese è sicuramente una sfida non comune, dal punto di vista degli organizzatori dei Giochi. Se sarà vinta o meno, dovremo aspettare per dirlo. Intanto però c’è chi denuncia gli effetti nefasti di questi investimenti su una popolazione già fragilizzata, il collettivo di ong “Le revers de la médaille”. “Migliaia di migranti senza fissa dimora si trovano sfrattati dalle autorità dagli spazi di fortuna che si erano ricavati, senza che venga proposta loro alcuna soluzione alternativa”, denuncia ai nostri microfoni il portavoce del collettivo Antoine De Clerck, “ed è chiaro che l’obiettivo è quello di mostrare a turisti e sportivi il volto migliore di Parigi e anche di Saint Denis. Ma così si sposta il problema senza risolverlo. Un’ulteriore prova del fatto che il modello di integrazione francese non sta funzionando”. Come impatterà nelle urne, il prossimo 9 giugno? 

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