Elon Musk si rifiuta di eliminare da X il video dell'attacco alla chiesa di Sydney

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Il patron di Tesla ha annunciato in un tweet che farà ricorso contro la decisione del tribunale australiano e si è scagliato contro il premier. La replica del primo ministro Anthony Albanese: "Questo miliardario arrogante pensa di essere al di sopra della legge"

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Per Elon Musk si tratta di censura. Il patron di Tesla ha spiegato in un tweet che farà ricorso contro l’ordine, emesso dal tribunale australiano, di rimuovere dalla sua piattaforma X i video dell'attacco nella chiesa di Sidney, in cui si vede il vescovo Mar Mari Emmanuel che viene pugnalato. A richiedere la misura ai giudici è stata Julie Inman Grant, commissaria per la E-safety dell’Australia.

Il post

Elon Musk con un post sul social X, di cui è proprietario dal 2022, si è scagliato contro il premier australiano Anthony Albanese: “La nostra preoccupazione è che se a qualsiasi Paese è permesso di censurare i contenuti di tutti i Paesi, come chiede il commissario australiano per la sicurezza elettronica, allora cosa impedirà a qualsiasi Paese di controllare Internet?”

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La replica

Il premier australiano Anthony Albanese ha replicato al patron di Tesla con un video andato in onda su Abc, la televisione pubblica australiana: “Faremo ciò che è necessario per affrontare questo miliardario arrogante che pensa di essere al di sopra della legge, ma anche al di sopra della decenza comune. L'idea che qualcuno vada in tribunale per il diritto di pubblicare contenuti violenti su una piattaforma mostra quanto il signor Musk sia fuori dal mondo”.

L’attentato

I video che vengono contestati fanno riferimento all’attentato del 15 aprile in cui un ragazzo di 15 anni ha ferito, nel corso della messa mattutina trasmessa in diretta streaming in una chiesa di Sydney, diverse persone. Tra le vittime c’è anche Mar Mari Emmanuel, un vescovo ultraconservatore noto per le sue campagne contro la comunità Lgbtqia+ e per le sue posizioni contro il Covid. Le persone ferite, tra cui il vescovo, non sono in pericolo di vita. 

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