Vladimir Putin, anatomia di un personaggio controverso

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Jacopo Arbarello

Jacopo Arbarello

Un ritratto tra luci e ombre del presidente russo, eletto per un quinto mandato e al potere dal 1999 quando prima fu scelto come primo ministro da Boris Yeltsin e poi prese il suo posto per non lasciarlo più, tranne una pausa "tecnica" tra il 2008 e il 2012 quando fu comunque premier

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Chi è Vladimir Putin? Cosa possiamo dire di lui che non sia già stato detto, a circa 25 anni dalla sua salita al potere? e alla vigilia del suo quinto mandato da presidente

 

Personalità complessa, incline al culto di sé stesso, tra i grandi leader del mondo attuale Putin è senz'altro il più longevo, e il più misterioso. Fin dalle sue origini. Non è certa neanche la sua nascita a San Pietroburgo, l'allora Leningrado.

 

Ma chi ha provato a indagare sulla sua possibile origine georgiana, e georgiano era anche Stalin, è stato ucciso, come il giornalista italiano Antonio Russo, trovato morto nelle campagne di Tbilisi dopo aver pubblicato un reportage su Radio Radicale in cui parlava della presunta madre georgiana di Vladimir Vladimirovic, oltre che dei crimini commessi dall’esercito russo in Cecenia.

Vladimir Putin con Boris Eltsin - ©Ansa

La carriera: verso il record di longevità

Agente del Kgb per quasi due decenni, distaccato a Dresda durante il crollo dell'Unione sovietica, Putin è stato poi vicesindaco di San Pietroburgo. Accusato di frode, non si dimise ma rimase al suo posto finché non fu richiamato a Mosca per andare a dirigere l'Fsb, il nuovo Kgb.

Nel 1996 fu richiamato a Mosca per andare a dirigere l'Fsb, il nuovo Kgb. Incarico che serve a Putin per ricompattare il gruppo di lavoro e prendere il potere e non lasciarlo più. Prima nel 1999 da semisconosciuto premier, sotto l'ultimo Boris Yeltsin, poi da presidente a partire dal 2000. Quattro mandati inframezzati dalla presidenza di Medvedev, con Putin premier per aggirare il limite dei troppi mandati consecutivi.  Con l'ultima modifica costituzionale potrà rimanere al potere fino al 2036, quando avrà 84 anni. Se dovesse arrivarci diventerebbe il leader russo più longevo, superando Joseph Stalin

 

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La grande Russia: il Russkiy Mir

Il pensiero e l’azione di Putin vedono al centro un ritorno alla grande Russia, sul modello di un passato zarista e sovietico in qualche modo rimpianto, non tanto nelle componenti comuniste, quanto nel potere dello stato assoluto. Non a caso la rivalutazione della figura di Stalin è un tratto accessorio ma distintivo del pensiero putiniano. Il primo pilastro dunque è il Rusky Mir, il mondo russo, il ritorno della Russia ad una sfera di influenza che comprenda tutti i territori dove abitano russi e russofoni. A partire dall'Ucraina.

Vladimir Putin visita le truppe - ©Ansa

Le guerre

Per realizzare il suo principale obiettivo Putin nei suoi 25 anni al potere ha fatto soprattutto una cosa. La guerra. Prima in Cecenia, appena arrivato già nel 1999, quando con indicibile brutalità ha raso al suolo Grozny vendicando la sconfitta russa del 1996. Poi in successione la Georgia, l’Ossezia del Sud, l’Abkhazia, l’annessione della Crimea nel 2014 seguita dalla guerra in Donbass, la Siria, dove ha aiutato Assad a rimanere al suo posto radendo al suolo città storiche come Aleppo. Infine la decisione di invadere l’Ucraina il 24 febbraio 2022, dando vita al più grande conflitto tra eserciti regolari dalla fine della seconda guerra mondiale, con lo scopo dichiarato di denazificare e demilitarizzare un paese a cui Putin non riconosce una identità nazionale diversa da quella russa.

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La repressione del dissenso

L’altro tratto distintivo della politica di Putin è stato l’autoritarismo, la repressione del dissenso. Sotto la sua guida la Russia ha progressivamente visto ridursi le libertà democratiche brevemente sperimentate durante l’era di Boris Yeltsin.

La lista di oppositori, oligarchi, giornalisti e attivisti incarcerati, uccisi, esiliati o silenziati da quando Putin è salito al potere è molto lunga.

 

Innazitutto gli oligarchi, divenuti quasi onnipotenti nei primi anni post sovietici, poi sono stati considerati ostili dal Cremlino e sono stati arrestati, uccisi o costretti all’esilio. Da Berezovsky, prima fuggito in esilio e poi ucciso a Londra nel 2013 a Michail Khodorkovsky, arrestato per lunghi anni e ora oppositore di Putin dall’estero.

C’è poi il caso dell’ex agente del Kgb Alexander Litvinienko, ucciso a Londra con il polonio 210. E Anna Politkovskaya, giornalista di inchiesta uccisa sulla scale della propria abitazione. Entrambi accusavano Putin di aver organizzato attentati in Russia per incolpare i terroristi ceceni e poter iniziare la seconda guerra cecena, con i relativi massacri.

Poi ancora gli oppositori politici, nel 2015 fu ucciso davanti al Cremlino il principale rivale politico del presidente, quel Bors Nemtsov che aveva apertamente criticato l’annessione della Crimea e la guerra in Donbass iniziata nel 2014. Al suo successore, altro grande nemico di Putin, Alexey Navalny, fu prima impedito di candidarsi alle elezioni del 2018, poi fu avvelenato nel 2020, e si salvò solo perché fu curato in Germania. Al ritorno in Russia Navalny è finito in carcere, dove è morto il 16 febbraio 2024 ufficialmente per una sindrome da morte improvvisa.

Alcuni degli oppositori di Putin ora morti: Anna Politkovskaya, Boris Nemtsov, Alexander Litvinenko e Boris Berezovskiĭ

La censura

Dall’inizio della guerra in Ucraina, infine, la censura russa verso giornali e oppositori è diventata sempre più stringente fino a non consentire di chiamare guerra la guerra e da imprigionare chi l’ha criticata come il giornalista e oppositore Kara Murza, condannato a 25 anni di carcere. La propaganda del regime, mutuata da quella sovietica, è talmente pervasiva da non consentire praticamente alcuna voce di dissenso né sul web né in televisione. Chi si oppone o finisce in carcere o muore, come accaduto a Eugeny Progozhin, il leader della compagnia Wagner, che prima è marciato su Mosca con i suoi uomini e poche settimane dopo è precipitato in aereo insieme a tutti i leader del gruppo paramilitare.

 

Vladimir Putin in un momento di devozione

Le ragioni del consenso

A fronte di politiche tanto dure e repressive, a cosa si deve allora l’altissimo consenso di cui Putin comunque ancora gode presso il popolo russo tanto da rendere ogni tornata elettorale una pura formalità, visto che il suo indici di gradimento è stabilmente oltre il 70%?

1 - Stabilità

Innanzitutto alla stabilità che il presidente ha garantito fin dal suo arrivo al potere. Prima di lui, negli anni 90, durante la presidenza Yeltsin, il rublo era stato svalutato più volte e i risparmi delle famiglie annullati. Con Putin questo non è più successo. Con lui i russi hanno ritrovato la stabilità e una certa crescita economica, anche se il paese è rimasto largamente molto povero.

2 - Valori tradizionali

Putin ha poi sempre puntato sui valori tradizionali della società russa, a partire dall’ortodossia cristiana, e non a caso il patriarca della chiesa russa Kirill è un suo compagno e sodale, anche nel sostegno alla guerra in Ucraina. La propaganda omossessuale in Russia è vietata da anni e il movimento Lgbt è stato bandito dal paese in quanto estremista.

3 - Grande Russia

Ma soprattutto i russi, con Putin, sono tornati a sognare la propria grandezza. La grande Russia. La retorica elettorale del presidente torna sempre sulla grande guerra patriottica, di cui suo padre sarebbe stato un eroe, sulla resistenza e sulla sconfitta di Hitler e del nazismo. Accusa di nazismo che non a caso viene rivolta agli ucraini.

Il blocco anti occidentale

In politica internazionale, dopo un tentativo iniziale di avvicinamento all'Occidente, soprattutto con George Bush e con Silvio Berlusconi, ma poi anche con Donald Trump, in particolare dal 2014 Putin ha scelto la via della contrapposizione, annettendo la Crimea e invadendo di fatto il Donbass.

Da quel momento la sua politica internazionale è stata tutta incentrata sulla creazione di un consenso alternativo al blocco occidentale a guida americana, accusato costantemente di russofobia. Anche in questo campo il suo successo è stato indiscutibile. Non solo Iran e Corea del Nord, ma anche Cina, India, Brasile, e tanti paesi arabi, asiatici e africani sono accanto alla Russia, o quantomeno non contrari ad esse, e soprattutto non hanno mai realmente applicato le sanzioni occidentali. Consentendo così alla Russia di evitare l’isolamento che quelle stesse sanzioni volevano creare. Putin è riuscito infine a catalizzare l’odio per gli americani e per gli europei diffuso in tanti paesi del terzo mondo, una volta colonizzati. Un’azione di propaganda, anche in questo caso, che crea però, a lungo andare, un consenso reale.

Tutti contro la Russia

Nel frattempo Putin sta vincendo la sua ennesima guerra, quella in Ucraina, e ignora serenamente le critiche e gli attacchi internazionali, come il mandato di arresto emesso dalla corte dell’Aja per i crimini di guerra commessi in Ucraina. Tutte operazioni bollate come prova che la Russia è sotto attacco e deve difendersi.

L'occidente come minoranza

La sua lettura della storia, russa e mondiale, è alternativa a quella ufficiale. Ad esempio nega che l’Ucraina esista come nazione. Qui in occidente la sua sembra una analisi assurda e a tratti farneticante, non è così in Russia ma evidentemente neanche in molte parti del resto del mondo. E forse il capolavoro politico di Putin con la guerra in Ucraina è stato proprio questo: costringere gli Stati Uniti e l’Europa a prendere atto che, nel mondo, rappresentano una minoranza. Almeno a livello numerico, la maggioranza della popolazione mondiale sembrerebbe stare dalla parte della Russia, a favore di un mondo multipolare.

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