Putin, luci e ombre di un veterano della politica internazionale

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Jacopo Arbarello

Jacopo Arbarello

Il consenso popolare in patria, da quando nel 1999 è salito al potere come primo ministro, non è mai realmente sceso, con i russi grati per la stabilità garantita dal Presidente dopo gli anni post sovietici in cui più volte i loro conti bancari sono stati letteralmente svuotati

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La figura di Vladimir Vladimirovic Putin, nel bene o nel male, ai posteri l’ardua sentenza, è una figura titanica nella odierna politica internazionale. Così come titanico è il ruolo e l’impresa che ha avocato a sé, simbolo l'invasione dell'Ucraina: il superamento del mondo unipolare a guida americana e occidentale scaturito dalla fine della guerra fredda. 
Un’impresa che sta andando avanti e, nonostante la condanna e il mandato di arresto del Tribunale penale internazionale per crimini di guerra, sta raccogliendo sempre più consensi nel mondo. Non solo tra i Brics, il gruppo delle economie emergenti, cioè Russia, Brasile, Sudafrica, Cina ed India, dove è riuscito a convincere anche un presidente di sinistra come Luis Lula, ma in generale le sue posizioni raccolgono un consenso trasversale, dai paesi africani, dove usa il grimaldello anti-colonialista e ha spedito in aiuto il gruppo Wagner, per finire con il mondo arabo. Grazie a Putin Assad è sopravvissuto politicamente e ha di fatto vinto la guerra civile in Siria mentre anche per i palestinesi la Russia di Putin si è confermata il solido alleato che è sempre stato fin dai tempi di Arafat, nonostante richieste di facciata di liberare gli ostaggi. Per non parlare dell’Iran e della Corea del Nord, che fornirebbero munizioni e droni alla causa Russa.
Insomma, dal punto di vista numerico, la maggioranza della popolazione mondiale sembrerebbe essere passata dalla sua parte, quella di un mondo almeno formalmente multipolare, e in questo la retorica anti-americana e anti occidentale sembra essere stata decisiva. Il colonialismo europeo non ha lasciato di certo una buona memoria di sé in Asia, Africa e Sudamerica. 
Il consenso popolare in patria, da quando nel 1999 è salito al potere come primo ministro, non è mai realmente sceso, con i russi grati per la stabilità garantita da Putin dopo gli anni post sovietici in cui più volte i loro conti bancari sono stati letteralmente svuotati. A Putin sembra essere perdonato tutto: le tante guerre dalla Cecenia alla Georgia e alla Siria per finire con la Crimea e l’Ucraina, così come l’uccisione o l’imprigionamento dei rivali politici come Anna Politkovskaja, Kodorkovsky o Navalny, che adesso non si sa neppure dove sia. L’autoritarismo e la soppressione del dissenso non sembrano sfiorare la sua popolarità, tanto che all’annuncio della ennesima candidatura per le elezioni presidenziali del prossimo marzo si sa già che sarà lui il vincitore. 
Con l’invasione dell’Ucraina Putin sembrava aver fatto un passo falso decisivo, compattando una Nato moribonda, ed invece adesso la guerra sembra volgere a suo favore, con il tempo e i numeri che giocano dalla sua parte e una riconversione industriale verso una economia di guerra che Europa e Stati Uniti non hanno invece intrapreso. 
La sua idea di una grande Russia in chiave anti americana raccoglie proseliti in patria ma anche l’approvazione in tutto il mondo non occidentale. Con buona pace del nemico ucraino la strategia dell’ex agente del Kgb salito al potere a Mosca sembra quella di voler dare scacco matto a tutti i suoi nemici. Per il momento deve ancora arrivare qualcuno che lo fermi. Con un distinguo. L'economia russa è infatti troppo debole, e l'unico alleato al cui cospetto Putin deve inchinarsi è il colosso cinese. 

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