L'Iran minaccia Israele, si teme un allargamento del conflitto nella guerra contro Hamas

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Si teme un allargamento del conflitto in Medio Oriente. Teheran - vicino ai terroristi di Hamas e agli Hezbollah del Libano - ha già lanciato la sua minaccia: "Nessuno può garantire il controllo della situazione" se le truppe israeliane dovessero invadere la Striscia. Intanto, alcuni uomini del Corpo dei Guardiani della Rivoluzione Islamica iraniana (Irgc) si sarebbero già spostati verso il confine israeliano

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Si teme un allargamento in Medio Oriente della guerra tra Israele e Hamas, con tutte le ricadute economiche, geopolitiche e umanitarie che potrebbe portare con sé. L’annunciata invasione israeliana della Striscia di Gaza rischia di far saltare gli equilibri della zona, già precari. Sopra ogni cosa la paura è che l’Iran possa entrare a qualche titolo nel conflitto: Teheran da un lato simpatizza con i terroristi di Hamas, quelli che lo scorso 7 ottobre hanno iniziato ad attaccare Israele; dall’altro è alleato degli Hezbollah in Libano, al cui confine con Israele sono già in corso scontri da giorni. E proprio dall’Iran è arrivato un avvertimento chiaro: "Nessuno può garantire il controllo della situazione" se Israele invadesse la Striscia, ha detto il ministro degli Esteri iraniano Hossein Amirabdollahian, dopo aver incontrato a Doha il leader di Hamas Ismail Haniyeh. Oggi, dal portavoce del Ministero degli Esteri di Teheran è poi arrivata l’accusa agli Stati Uniti di essere "responsabili per i crimini del regime sionista, dal momento che hanno sostenuto il regime con tutto il loro potere contro la nazione palestinese". Ha aggiunto poi che qualunque Paese sostenga Israele condivide lo stesso tipo di responsabilità a livello internazionale (GUERRA ISRAELE-HAMAS, GLI AGGIORNAMENTI LIVE - LO SPECIALE DI SKYTG24).

Le minacce dell’Iran

"Nessuno può garantire che la situazione nella regione rimarrà la stessa se i sionisti continueranno i loro crimini di guerra", ha detto il ministro degli Esteri iraniano Amirabdollahian parlando con il premier e ministro degli Esteri del Qatar, Mohammed bin Abdulrahman bin Jassim Al Thani. “Se i crimini di guerra e il genocidio dell'apartheid israeliano non verranno fermati immediatamente, la situazione potrebbe andare fuori controllo e ripercuotersi su conseguenze di vasta portata", avrebbe invece detto la missione iraniana a Israele in un messaggio inviato tramite l'Onu.

Gli uomini dell'Irgc verso Israele

Intanto, nel pomeriggio del 15 ottobre si è diffusa la notizia che vedrebbe alcuni uomini del Corpo dei Guardiani della Rivoluzione Islamica iraniana (Irgc) andare verso il confine israeliano. Secondo un consigliere del governo siriano e un attivista di Deir ez-Zor, l'Irgc avrebbe ridistribuito i combattenti dalla città siriana orientale di Deir ez-Zor verso sud in un'area vicino a Damasco. La fonte ha parlato di esperti missilistici.

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Le paure della Casa Bianca

"C'è il rischio di un'escalation di questo conflitto, dell'apertura di un secondo fronte a nord e, naturalmente, del coinvolgimento diretto dell'Iran in un modo o nell'altro", ha detto senza usare mezzi termini il consigliere per la sicurezza nazionale americana Jake Sullivan in un'intervista alla Cbs. E mentre Washington ha deciso di rafforzare la sua sua presenza militare nel Mediterraneo orientale - come "deterrenza contro l'allargamento del conflitto" tra Israele e Hamas – si cerca però di percorrere la via diplomatica e di non alzare troppo i toni. Il presidente Joe Biden ha infatti ricordato che per ora non ci sono "prove chiare" del coinvolgimento dell'Iran nell'attacco di Hamas contro Israele. Sempre parlando alla Cbs, il capo della Casa Bianca ha ricordato che nonostante si sappia che "l'Iran sostiene costantemente Hamas e Hezbollah”, nessuno può dire se a Teheran “abbiano avuto preconoscenza o aiutato a pianificare l'attacco non ci sono prove al momento". Biden ha poi definito "un errore" l'eventuale entrata di Israele a Gaza.

Le posizioni della comunità internazionale

Tutto il fronte dei Paesi occidentali sostiene Israele contro Hamas e teme un allargarsi del conflitto. Berlino, per fare un esempio, attraverso un portavoce del ministero degli Esteri tedesco, ha messo in guardia l'Iran a non scherzare col "fuoco" e di non versarci "benzina" sopra. D’altra parte, c’è chi ha espresso vicinanza al non solo a Gaza ma a tutti i Paesi islamici “nel rafforzare l'unità e il coordinamento sulla questione palestinese". Così a detto il massimo diplomatico di Pechino, Wang Yi, nel corso di una telefonata avuta oggi con l'omologo iraniano Hossein Amir -Abdollahian. "La comunità internazionale dovrebbe agire per opporsi alle azioni di qualsiasi parte che danneggiano i civili", ha aggiunto Wang, nel resoconto dei media statali cinesi.

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Tra gli esperti c’è chi pensa che l’Iran non entrerà nel conflitto a gamba tesa. Così Nathalie Tocci, politologa e direttrice dell'Istituto Affari Internazionali Nathalie Tocci, in un'intervista a Qn. "Al momento non mi sembra che l'Iran abbia interesse ad entrare in guerra. Ha già stravinto, sabotando il tentativo di normalizzazione tra Tel Aviv e Arabia Saudita. Il beneficio l'ha ottenuto, perché dovrebbe impelagarsi in una guerra che comunque comporterebbe dei costi? Tanto più Israele colpisce i civili, tanto più guadagna Teheran a livello di opinione pubblica”, riflette Tocci. Tuttavia, sottolinea, molto "dipende da quello che succederà nelle prossime settimane, dalla durata e dalla violenza del conflitto. Se ci sarà una mattanza, con decine di migliaia di morti o una rimozione forzata da Gaza, non si può escludere una conflagrazione regionale più ampia". Cosa potrebbe succedere quindi? Tocci ricorda come “in altre circostanze storiche con i terroristi si è trattato” e che “se si vogliono salvare gli ostaggi o se si vuole riaprire un processo di pace in Palestina, con i terroristi bisogna negoziare". 

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