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Terremoto Marocco, nel villaggio dove metà della popolazione è morta

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Jacopo Arbarello

Jacopo Arbarello

Non una casa è rimasta in piedi a Tafeghaghte, piccolo villaggio che viveva di pastorizia alle pendici dell'Alto Atlante. Viveva, perché, visto come è ridotto, non è detto che questo posto abbia un futuro, così come altre decine, se non centinaia di paesi sparsi per le montagne

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Un unico, enorme tappeto di pietre. Non una casa è rimasta in piedi a Tafeghaghte, piccolo villaggio che viveva di pastorizia alle pendici dell'Alto Atlante. Viveva, perché, visto come è ridotto, non è detto che questo posto abbia un futuro, così come altre decine, se non centinaia di paesi sparsi per le montagne. Stando al racconto di questi signori, qui piu di metà della popolazione è morta. Sotto ogni casa sono stati trovati cadaveri (TUTTE LE NOTIZIE SUL SISMA).
Una signora piangendo ci racconta che il villaggio è dimezzato e che ad esempio il marito ha perso la figlia e tutta la sua famiglia, incluse.due nipotine di 2 e 7 anni.
Un anziano signore che ci accompagna per mostrarci le rovine della sua casa ci dice che i morti sono 84 su circa 160 abitanti.
L'imam, la cui moschea è distrutta come ogni altra cosa, ci accompagna subito verso il cimitero.
Ci fa vedere una serie di sterpaglie dietro a una casa distrutta e spiega che lí hanno seppellito i loro morti, inckusi doversi bambini.
Tra le vittime ci sono anche diversi bambini.
Tutti quelli che sono sopravvissuti, senza eccezioni, vivono adesso in tende improvvisate sotto agli ulivi. Al mattino, quando arriviamo,  le tende sono poche, nel pomeriggio però ne arrivano di nuove, che vengono subito montate, insieme alle prime ruspe che iniziano a scavare tra le macerie per liberare dai detriti qualche strada o nella speranza di recuperare coperte, vestiti e suppellettili dalle case. Uno degli abitanti, appena uscito dalle rovine di una casa con un sacco di vestiti, lancia il suo appello al.governo e ai politici: "Servono soluzioni migliori, tutto questo è provvisorio, perché qui tutti gli abitanti sono poveri, non hanno i mezzi per ricostruire tutto questo".
I tanti feriti vengono curati dove è possibile farlo, se necessario anche all'aria aperta o dentro le tende, con medicine e kit di prima emergenza portati dai volontari.
Il villaggio è isolato, la strada per arrivarci è interrotta, e per raggiungerlo ci siamo dovuti aggregare, su una strada sterrata a uno dei gruppi di ragazzi che portavno gli aiuti da Marrakech.
Fino all'arrivo delle prime ruspe lo stato, qui, non si è visto proprio. Gli aiuti sono tutti privati e chi li porta ci spiega come si è organizzato: "Abbiamo subito cetcato la possibilità di mettere insieme tutto il cibo, i vestiti e le coperte che potevamo, poi abbiamo contattato 'lautista e ieri pomeriggio siamo partiti da Tabat, siamo appena arrivati Stiamo portando le cose a chi non ha avuto niente. Cerchiamo di arrivare in questi posti che non hanno avuto nessun aiuto".

Un'immagine del villaggio distrutto

Gli aiuti privati sono fondamentali

 

Questi aiuti privati sono fondamentali, anche perché il governo sta dando priorità alla consegna di aiuti per via area ai comuni più  colpiti e ancora irraggiungibili. A tutte lenore si vedono e si sentono gli elicotteri volare verso le montagne più alte e più vicine all'epicentro. Ma di certo gli aiuti internazionali ritardano ad arrivare innquesti luoghi così remoti. E il Marocco ha finora accettato aiuti solo da 4 paesi. Una ragazza, venuta qui da Marrakech ad aiutare la famiglia, commenta amara: "Lo stato? Non c' c'è lo stato. Ci sono solo le associazioni e le coperaticve che vengono ad aiutare le persone. Dov'è lo stato?". 

Il terremoto ha reso questo piccolo paese un immenso ground zero fatto di frigoriferi e armadi all'aperto, di porte senza casa. Da queste macerie è davvero difficile pensare al futuro. Non lo vedono gli anziani, non lo vedono neanche i giovani che ci dicono che qui è finito tutto, non c'è più nulla da fare, che ci su può solo affidare al destino. Uscendo dal paese vediamo un gruppo di uomini che pregano in ginocchio tra le tende improvvisate sotto agli ulivi. In queste ore drammatiche quel che resta a questi uomini e a queste donne sfortunate è solo la preghiera.

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