Carlo III contestato ad Edimburgo durante l'"incoronazione" scozzese

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Tiziana Prezzo

Tiziana Prezzo

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A distanza di 10 mesi dalla morte della tanto amata Elisabetta II, l’accoglienza riservata al sovrano per la funzione di ringraziamento nella cattedrale di St. Giles è stata decisamente più tiepida. La corrispondente dal Regno Unito

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Solo dieci mesi, eppure sembra un'eternità. Le immagini che ha restituito oggi la Capitale scozzese, Edimburgo, danno chiaro il senso della distanza, nel cuore degli abitanti della nazione più a Nord del Regno Unito, tra Carlo III e sua madre Elisabetta II. Nella cattedrale di St. Giles, lì dove nel settembre 2020 si è tenuta la prima veglia funebre della sovrana, con decine di migliaia di persone che hanno voluto esserci per l'ultimo saluto, si è celebrata la messa di ringraziamento, l'ultimo rito che chiude la lunga pagina dell'incoronazione di Carlo III.

Carlo III, King of Scots

Un passaggio dall'alto valore simbolico, in cui la Scozia rivendica la propria storia, la propria cultura e soprattutto la propria Chiesa. Charles King of Scots, re degli scozzesi. E però. Negli stessi istanti in cui i commentatori reali sottolineavano il forte legame del sovrano con questa terra (la notta materna era scozzese), in sottofondo si sentivano chiaramente le urla dei contestatori. E si vedevano pure. Impossibile evitare di inquadrare i cartelli con su scritto "Not my King": troppo numerosi. Ad essere del tutto sinceri, qualche messaggio così era comparso anche nei giorni del lutto, ma i pochi contestatori presenti – che avevano sicuramente sbagliato tempi e modi – erano stati allontanati senza troppi complimenti, scandalizzando i difensori della libertà di parola nel Regno Unito.

 

“Royal fatigue” o qualcosa di più?

Ma sono le immagini dall’alto a risultare impietose. In una bella giornata di sole dalla temperatura mite, in un mese in cui i turisti sono sicuramente tanti, il serpentone di gente che durante le celebrazioni solitamente si snoda da Holyrood Palace lungo tutto il miglio reale fino alla cattedrale è apparso particolarmente snello. Si tratta di una sorta di “Royal fatigue” dovuta alle tante cerimonie che si sono succedute in questi 10 mesi o c’è qualcosa di più e di più profondo? Diverse le cose da dire. Innanzitutto, indipendentismo scozzese e sentimento antimonarchico non vanno necessariamente di pari passo in Scozia. Un concetto, questo, che mi è stato ribadito da più di un componente o sostenitore dello Scottish National Party in questi ultimi anni. In diversi mi hanno prefigurato una Scozia indipendente con un sovrano inglese come Capo di Stato.

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Il forte legame tra la Scozia ed Elisabetta II

E’ innegabile che la sovrana, che ha regnato per settant’anni e che aveva Balmoral – luogo in cui ha scelto di morire - come posto del cuore, era particolarmente amata e rispettata in terra qualcosa. Essere “elisabettiani” è qualcosa che oltre il vallo di Adriano non per forza significava essere monarchici. Infine ci sono gli ultimi fatti che hanno sconvolto la politica locale, e che hanno in qualche modo reso più sorprendenti le immagini di oggi.

Le difficoltà del Partito nazionalista scozzese

Le dimissioni della First Minister Nicola Sturgeon, avvenute lo scorso febbraio, seguite dal suo recente arresto -e immediato rilascio – rappresentano un duro colpo alla causa indipendentista.

Dalle casse del partito nazionalista scozzese sono sparite centinaia di migliaia di sterline, destinate in teoria a finanziare un nuovo referendum. In dieci mesi è successo tanto, tantissimo e a una velocità impressionante. E lo ricorda anche il fatto che all'inizio della cerimonia dentro St Giles a prendere la parola è stato il First Minister, Humza Yousaf, che cattolico non è ma, per la prima volta, musulmano. Oltre il vallo di Adriano, spira un'importante aria di cambiamento. Che la monarchia, che ha aperto la cerimonia anche alle altre fedi, non può e non vuole ignorare. E neanche la politica nazionale, che si avvicina a passi incerti alle elezioni generali del 2024.

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