Il pastore Makenzie, arrestato lo scorso 14 aprile, ordinava ai suoi seguaci di vivere senza cibo né acqua "per salvarsi da un'imminente morte dolorosa nel mondo e da una dannazione apocalittica"
Il numero delle vittime della cosiddetta "setta del digiuno" in Kenya continua drammaticamente a salire. Sono sette i corpi riesumati nella giornata di ieri nella foresta di Shakaola, e portano a 257 il totale dei seguaci del predicatore Paul Mackenzie morti per essersi astenuti al cibo, convinti così di "poter vedere Gesù in paradiso", come professato dal sedicente pastore. Il commissario regionale della costa keniana, Rhoda Onyancha, ha dichiarato al quotidiano The Standard che il numero delle persone scomparse, associate al culto di Mackenzie, sarebbero in tutto 613 e tante ancora ne mancano all'appello, in quello che viene definito dall'opinione pubblica il "massacro di Shakaola".
Gli arresti
Durante le ricerche dei corpi, nell'entroterra della cittadina turistica di Malindi, sono state salvate 95 persone, alcune delle quali trasportate in ospedale in avanzato stato di deperimento, e la polizia ha effettuato 45 arresti. Il predicatore, in cella a Malindi, ha iniziato uno sciopero della fame dopo le dichiarazioni del ministro degli Interni Kithure Kindiki che ha chiesto per lui la condanna per genocidio. Il pastore Makenzie è stato arrestato lo scorso 14 aprile: ordinava ai suoi seguaci di vivere senza cibo né acqua "per salvarsi da un'imminente morte dolorosa nel mondo e da una dannazione apocalittica". Al pastore è stata concessa una cauzione di 10mila scellini dal giudice Olga Onalo dell'Alta Corte di Malindi, ma la corte deve ancora decidere sul suo caso, poiché il patologo del governo deve ancora analizzare i corpi ritrovati nelle fosse comuni. Dal canto suo Paul Mackenzie Nthenge ha affermato di aver definitivamente chiuso la sua chiesa e di non essere più coinvolto nell'evangelizzazione.