Birmania, raid militare in un monastero: strage di civili

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Una trentina di persone, fra cui almeno tre monaci buddisti, sono stati fucilati in massa in un piccolo villaggio nello Stato centro-orientale di Shan. L'esecuzione viene attribuita all'esercito che da oltre due anni tenta di governare con il pugno di ferro il Paese, teatro di una guerra civile

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Strage di civili in Birmania. Una trentina di persone, fra cui almeno tre monaci buddisti, sono stati fucilati in massa in un piccolo villaggio nello Stato centro-orientale di Shan, il più grande del Paese. L'esecuzione viene attribuita ai militari dell'esercito, che da oltre due anni tentano di governare con il pugno di ferro il Paese, teatro di una guerra civile.

Il video della strage

I cadaveri insanguinati e crivellati di colpi, ammonticchiati in terra contro le mura esterne del monastero del villaggio, punteggiate di fori di proiettili, sono stati ripresi in un video della locale milizia ribelle Kndf, espressione della etnia Karenni, in lotta, come quasi tutte le minoranze etniche birmane, contro il governo militare. Secondo quanto affermano fonti locali, l'aviazione e l'artiglieria dell'esercito hanno bombardato sabato il villaggio di Nan Nein, prima dell'ingresso dei soldati che, dopo aver intimato alle persone rifugiatesi all'interno del monastero di uscire fuori, hanno sparato su di loro, uccidendo anche tre monaci. Il video mostra almeno 20 corpi, alcuni dei quali indossano le vesti porpora e arancione dei monaci. Una visione scioccante per la sensibilità buddhista, che considera i monasteri luoghi inviolabili - per questo, forse l'intimazione a uscire - e i monaci degni di rispetto se non di venerazione. Difficile verificare l'autenticità delle affermazioni fatte dai ribelli locali, anche se l'Afp ha compiuto una verifica del filmato paragonandolo a immagini satellitari del villaggio di Nan Nein.

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La guerra civile in Birmania

La giunta, attraverso il suo portavoce Zaw Min Tun, ha solo confermato che ci sono stati scontri armati nel villaggio, negando che il massacro sia opera dei militari e bollandolo come un brutale regolamento di contri fra fazioni ribelli. Il video costituisce una rara finestra sull'orrore della guerra civile che insanguina la Birmania dal colpo di stato con cui il primo febbraio del 2021 i militari posero bruscamente fine a un decennio di esperimento democratico e di crescita economica e sociale, imprigionando con condanne a decenni di carcere la leader e Nobel per la Pace Aung San Suu Kyi. Il Movimento di disobbedienza civile conquistò le piazze e paralizzò l'economia con una serie di scioperi nei primi mesi dopo il golpe, per poi scemare sotto la scure della repressione che fece migliaia di morti. L'opposizione al regime è ora passata principalmente nelle aree rurali e nei vari Stati che compongono la Birmania, dove i gruppi ribelli etnici si sono sollevati ovunque federandosi con le Forze di Difesa del Popolo (Pdf), il braccio armato del Governo di Unità Nazionale (Nug). Cioè del governo in esilio che guida la resistenza armata, formato da un'alleanza fra il partito che fu di Suu Kyi (la Lega nazionale per la Democrazia che aveva la maggioranza assoluta nel disciolto parlamento), altre forze e partiti democratici e le forze ribelli delle minoranze etniche.

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