Un piano omicida studiato nei minimi particolari quello messo in atto da una 23enne tedesco-irachena che, per sottrarsi alla tutela dei propri genitori, ha finto di essere stata uccisa facendo ritrovare il "suo" cadavere sfigurato nella sua macchina parcheggiata sotto casa del fidanzato
La cerca sui social, la contatta via Instagram, la incontra e la uccide con 50 coltellate. La colpa della vittima? Somigliare come una goccia d’acqua alla sua assassina. Un piano omicida studiato nei minimi particolari quello messo in atto da una 23enne tedesco-irachena che, per sottrarsi alla tutela dei propri genitori, ha finto di essere stata uccisa facendo ritrovare il "suo" cadavere sfigurato nella sua macchina sotto casa del fidanzato.
Le indagini
Una vicenda iniziata lo scorso 16 agosto quando, in un'auto parcheggiata nella cittadina bavarese di Ingolstadt, è stato ritrovato il corpo senza vita di una giovane donna con il volto sfigurato, rapidamente identificato come quello di Shahraban K., un'estetista di Monaco. Ma l’esame del dna ha riportato una verità diversa: il cadavere ritrovato era quello di Khadidja, una fashion blogger di origine algerina residente nello Stato del Baden-Wurttemberg. Stessa età di Shahraban, stessa corporatura, stessa carnagione, stessi lunghi capelli neri e occhi scuri.
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Il piano omicida
Dopo mesi di indagini, ieri la polizia tedesca ha confermato ufficialmente i sospetti contro Shahraban K, che è accusata di omicidio e rischia l’ergastolo, e del fidanzato 24enne che l’avrebbe aiutata nel diabolico piano. I due, secondo quanto comunicato dagli inquirenti, avrebbero cercato su diversi social media una donna somigliante all’omicida. Avrebbero contattato via chat diverse donne fino a convincerne una, Khadidja, ad incontrarli con l’inganno di parlare di prodotti di cosmetica. Dopo averla uccisa e sfigurata, ne hanno abbandonato il cadavere nell’auto dell’assassina. La somiglianza tra le due donne era così forte che all'inizio il piano aveva funzionato e le due identità erano state scambiate, addirittura da parte della famiglia dell'accusata.