Adozioni bloccate in Cina, l'odissea di 30 coppie italiane
Mondo ©GettySono 30 le famiglie italiane adottive che dal 2019 attendono di incontrare i loro figli in Cina. Il Paese, infatti, dallo scoppio della pandemia, ha bloccato le adozioni internazionali. Con la riapertura dei confini cinesi e la caduta delle restrizioni sui viaggi internazionali da e per il Paese, la speranza di poterli finalmente abbracciare si è riaccesa
“Siamo un gruppo di famiglie adottive in attesa di raggiungere i bambini che ci sono stati abbinati dalla Cina tre anni fa nel corso di una procedura di adozione internazionale. Le procedure adottive si sono bloccate a causa della pandemia e noi ci siamo messi in una condizione di paziente e silenziosa attesa per poter partire”.
Sono 30 le coppie italiane che dal 2019 attendono di incontrare i loro figli in Cina. Si tratta di bambini con special needs – bisogni speciali – e che quindi necessitano di cure.
Il lungo cammino dell’adozione internazionale
Quello dell’adozione internazionale è un cammino lungo e spesso tortuoso.
Prima di tutto è necessario ottenere l’idoneità all’adozione che arriva per decreto dopo un percorso di colloqui con psicologo, assistente sociale e giudice. Uno step che ha una durata di circa un anno.
A seguire le coppie si affidano e affidano l’incarico a un Ente autorizzato dal CAI – La commissione italiana per le adozioni internazionali - che opera nel Paese straniero. Trascorrono anni prima di ricevere una proposta di abbinamento, che in genere arriva accompagnata da una foto e una cartella clinica. Una volta accettata, si organizza la partenza. Di solito dopo alcuni mesi.
Ogni Paese ha le sue regole, sia per il numero di viaggi da effettuare, sia per la durata del soggiorno. Per la Cina, ad esempio, è sufficiente un unico viaggio della durata di tre settimane. Dopo la proposta di abbinamento la coppia riceve un documento, la pergamena verde. Il passo successivo è quella rossa, ovvero l'invito ufficiale da parte del governo cinese a entrare sul territorio.
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La lunga attesa delle famiglie
Per queste 30 famiglie i mesi sono diventati anni: una lunga attesa, resa ancora più difficile dai pochi aggiornamenti sullo stato di salute di questi bambini.
“È difficilissimo accettare questa crescita tramite fotografie – spiega Paola – Gli aggiornamenti arrivano in media ogni 6-8 mesi”.
In alcuni casi, i bimbi non sanno che a 8mila chilometri da loro c’è una famiglia che li aspetta. Come per Paola e il marito Ilario, anche Maria Chiara e Federico sono alla loro seconda adozione internazionale. A loro la notizia dell’abbinamento è arrivata in pieno lockdown.
“È una sensazione strana quella di sapere che c’è già un figlio con un volto, con un nome. E di essere bloccati qui, distanti – spiega Federico – Il nostro primo figlio ha 12 anni. L’estate scorsa, convinti che potessimo già avere l’occasione di essere in quattro per le vacanze, avevamo prenotato un appartamento con quattro posti letto, siamo partiti in tre. La prima sera a cena, con le quattro sedie a tavola, il nostro primo figlio ha detto: beh questa sedia vuota è per mio fratello, quando ci sarà. Poi lui ci ha pensato un attimo e ha detto: no lui c’è già, solo che siamo lontani”.
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Perché la Cina ha bloccato le adozioni internazionali
La richiesta delle famiglie
A riaccendere la speranza di abbracciare i loro figli, quasi svanita per molte di queste famiglie, sono state la riapertura dei confini cinesi e la caduta delle restrizioni sui viaggi internazionali da e per il Paese.
“Siamo grati alla Cina per queste riaperture, perché questo ci fa guardare con molto coraggio all’immediato futuro e cioè al fatto che possiamo finalmente raggiungere questi bambini che ci sono stati abbinati - dice uno dei papà presenti - Abbiamo sempre rispettato le decisioni sovrane della Cina. È un paese che abbiamo imparato a conoscere, è un Paese che amiamo e che rispettiamo”.
E di apertura al dialogo, seppur con prudenza e moderazione, hanno parlato anche alcuni rappresentanti del Governo in un incontro con tutti i genitori, riuniti a Roma in una manifestazione pacifica.
“Dopo anni di attesa siamo qui finalmente tutti riuniti, famiglie di tutta Italia, in attesa di una partenza che ci vede impegnati da anni ormai - dice un altro genitore arrivato a Roma per l'incontro - Abbiamo avuto il piacere di incontrare i rappresentanti italiani che non possiamo fare altro che ringraziare, dal sottosegretario Silli, al ministro della Famiglia, al dott. Starita. Ci sono stati vicini per anni e ci hanno dato un barlume di speranza. Vogliamo ringraziare il popolo cinese e le sue istituzioni per quanto ci doneranno e per quanto hanno fatto per noi".
Ciò che chiedono questi genitori è che la loro condizione sia considerata come prioritaria e che la situazione si sblocchi il prima possibile.
“Non vediamo l’ora di partire, nel frattempo stiamo creando la nostra valigia dei ricordi il kit nascita, raccogliendo tutto quello che è accaduto, tutto quello che abbiamo fatto, perché nulla deve andare dimenticato – spiega Monia, una delle mamme riunite a Roma – Tutta questa vicenda sarà la storia che racconteremo ogni sera. Gli racconteremo quanto sono stati amati, desiderati, abbiamo lottato per loro. Abbiamo resistito”.