Usa, elezione speaker della Camera: 13esima bocciatura per McCarthy

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Ancora un flop per il repubblicano, che però recupera il voto di 15 su 20 dissidenti del partito. Qualche ora prima della votazione aveva annunciato in una conference call del Partito il "raggiungimento" di un'intesa con la fronda che finora gli ha votato contro, ma poi i media americani avevano fatto dietrofront parlando solo di "passi avanti". La seduta è stata aggiornata alle 22 (le 4 del mattino in Italia)

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Alla tredicesima votazione per l'elezione dello speaker della Camera degli Stati Uniti il repubblicano Kevin McCarthy è stato di nuovo bocciato, ma ha ottenuto 214 voti, uno in più rispetto all'ultima, dopo che un altro dei 20 ribelli del Grand old party è passato dalla sua parte. Al momento sono 15 i dissidenti che hanno votato per McCarthy. Forse merito del lavoro dietro le quinte per un accordo con la fronda che ha sempre votato contro di lui, un'intesa prima annunciata e poi smorzata dai media americani che parlano solo di "passi avanti" con alcuni dei "ribelli" ma non con tutti. In Aula sono presenti 432 deputati (su 435) e quindi dovrebbero mancargli solo 2 voti per assicurarsi la maggioranza. Sembra che McCarthy stia trattando soprattutto con i deputati Gop Matt Rosendale e Eli Crane che al tredicesimo scrutinio hanno votato per Jim Jordan come speaker. La seduta è stata aggiornata alle 22 (le 4 del mattino in Italia).

Le richieste dei "ribelli"

Era da 164 anni che la corsa a speaker non si prolungava così, ma con il passare delle ore forse l'atto finale si sta avvicinando.  Sul tavolo ci sono una serie di richieste dei rappresentanti dell'ultradestra, che vanno da posti in commissioni chiave a elezioni garantite nei collegi, da una stretta sulla spesa federale a misure più severe sull'immigrazione. L'accordo in lavorazione prevederebbe un taglio alle spese per la Difesa da 75 miliardi di dollari. Lo riporta l'agenzia Bloomberg citando alcune fonti, secondo le quali un piano simile incontrerebbe l'opposizione dei falchi della Difesa repubblicani, che da anni spingono per più spese in sicurezza nazionale. L'intesa a cui si starebbe lavorando è quella di mettere un tetto alle spese del governo per il 2024, fermandole al livelli del 2022. La spesa nazionale per la Difesa nell'esercizio fiscale 2022 era di 782 miliardi ed è salita di 75 miliardi l'anno successivo.

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