Iran, prima condanna a morte dopo le proteste per Mahsa

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La pena di morte è arrivata dopo l'arresto di quasi 800 manifestanti finiti sotto processo per aver preso parte alle proteste che da circa un mese scuotono il Paese

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In Iran è arrivata la prima condanna a morte per le rivolte esplose in seguito alla morte di Mahsa Amini, la ventenne deceduta dopo essere stata arrestata il 13 settembre scorso perchè non indossava correttamente il velo. Lo rende noto l'autorità giudiziaria iraniana. Secondo il verdetto l'imputato - la cui identità non è stata rivelata - è stato giudicato colpevole di "aver appiccato il fuoco a un edificio governativo, turbato l'ordine pubblico, cospirato per commettere un crimine contro la sicurezza nazionale, inimicizia verso Dio e corruzione sulla terra".

 

 

Quasi 800 manifestanti processati

A distanza di un mese dall’inizio delle proteste, altre ottocento persone sono finite sotto processo per aver preso parte ai disordini che hanno scosso il Paese. La magistratura iraniana ha incriminato 756 manifestanti in tre diverse province, secondo quanto riportato da Mizan l'agenzia dell'Autorità giudiziaria e delle agenzie locali. Di questi 164 incriminati nella provincia meridionale di Hormozgan; altre 276 in quella centrale di Markazi e, infine, 316 nella provincia di Isfahan. Mentre 100 giovani sono stati rilasciati con la promessa con non prenderanno più parte a disordini in futuro. 

Le accuse

Gli ottocento manifestanti finiti sotto processo sono accusati di raduno e cospirazione contro la sicurezza del Paese, propaganda contro il regime, disturbo dell'ordine pubblico, sommossa, incitamento all'omicidio, ferimento di agenti di sicurezza e danneggiamento di proprietà pubbliche. Asadollah Jafari, direttore generale dell'Autorità Giudiziaria della provincia centrale di Esfahan, citato dall'agenzia Tasnim, ha dichiarato che sono state intentate 316 cause in relazione ai recenti disordini. Dall'inizio delle manifestazioni per Mahsa- lo scorso 16 settembre - oltre due mila persone sono state rinviate a giudizio, di cui circa metà a Teheran. Secondo le organizzazioni per i diritti umani, gli arrestati sono 15 mila ma Teheran smentisce.

 

 

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