Vent’anni fa scoppiava la Rivoluzione arancione nelle piazze di Kiev: la causa era il contestato risultato elettorale che aveva visto vincere alle elezioni presidenziali il candidato filorusso Viktor Janukovich ai danni del leader dell’opposizione Viktor Juščenko. Le proteste incendiarono il Paese per 13 giorni fino alla mancata convalida del voto da parte della Corte Suprema ucraina
Dal 21 novembre al 26 dicembre 2004. Fu questo il periodo di permanenza al potere di Viktor Janukovich, vincitore delle elezioni presidenziali ucraine che però vennero subito rifatte, a causa delle proteste di piazza di Kiev, che durarono 13 giorni, e delle accuse di brogli lanciate dall’opposizione, a cui si aggiunse il non riconoscimento del voto da parte di Unione Europea e Stati Uniti. La nuova tornata elettorale, che vide vincere il candidato dell’opposizione, non riuscì comunque a risolvere i problemi di cui soffriva già allora l'Ucraina, divisa tra un’anima più occidentale e una più proiettata verso la Russia. La prima rivoluzione ucraina, che va distinta dai moti di piazza Maidan di 10 anni più tardi, sarebbe stata successivamente ricordata come un momento della storia nazionale pieno di speranze e possibilità di cambiamento, soprattutto dai più giovani.
I personaggi chiave
Le elezioni del 2004 furono elezioni decisive. Da un lato c’era il primo ministro Viktor Janukovich, esponente politico di spicco dell’oblast di Donetsk e delfino del contestato ex presidente Leonid Kučma, in carica dal 1994 e quindi non più ricandidabile. Dall’altro lato c'era il leader dell'opposizione Viktor Juščenko, proveniente dall’oblast di Sumy e già primo ministro tra il 1999 e il 2001. Per l’opposizione il voto del 21 novembre doveva rappresentare il rovesciamento di un sistema di potere, rappresentato da Kučma e Janukovich, consolidato da tempo e in grado di controllare anche i principali sistemi di informazione. Per questo Juščenko preferì impostare la campagna elettorale attraverso i comizi e il rapporto diretto con gli elettori, al contrario del suo avversario che preferiva gli interventi televisivi: in uno di questi Janukovich accusò il leader dell'opposizione di essere un nazista, nonostante il padre fosse stato un soldato dell’Armata Rossa imprigionato nel lager di Auschwitz. La differenza di vedute si notava anche nelle posizioni politiche principali: se da un lato Juščenko voleva portare Kiev verso l’Unione europea e la Nato, e allontanare il Paese dall’area di influenza russa, dall’altro Janukovich voleva l'Ucraina più vicina a Mosca e con il russo come lingua ufficiale.
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I tre turni elettorali
Il primo turno elettorale si tenne il 31 ottobre 2004 e vide Juščenko superare Janukovich di appena 179mila voti. Non avendo nessuno dei due candidati raggiunto il 50% dei voti, si andò al secondo turno, previsto per il 21 novembre 2004. Gli exit poll davano una vittoria di Juščenko di ben 11 punti, ma nelle urne fu Janukovich a prevalere di appena 3 punti. Un risultato sorprendente, a cui però seguirono le accuse di brogli da parte dei sostenitori di Juščenko che parlavano di voti multipli e voti extra assegnati al candidato filorusso anche a urne ormai chiuse. La protesta arrivò nelle piazze: il 22 novembre tra le 200mila e le 300mila persone si radunarono in Piazza dell’Indipendenza a Kiev, per contestare la presunta vittoria del candidato filorusso. Secondo un sondaggio realizzato dal Kiis, solo il 27,5% dei manifestanti aveva un'età compresa fra i 18 e i 29 anni, e il 23,7% fra i 30 e i 39. Due giorni dopo, il 24 novembre, la Commissione elettorale ucraina dichiarò Janukovich vincitore e il giorno dopo i manifestanti presero il controllo della sede dei sindacati e del municipio di Kiev, entrambi vicini a piazza dell'Indipendenza. Importanti furono anche gli appoggi di Usa e Ue che non riconobbero il risultato delle urne (al contrario di Russia e Bielorussia, che subito fecero le congratulazioni a Janukovich): il 3 dicembre 2004, 12 giorni dopo il voto, la Corte Suprema Ucraina emise il verdetto, dando ragione a Juščenko e invalidando così il risultato delle urne. La successiva ripetizione del secondo turno, tenutasi il 26 dicembre 2004, vide la vittoria di Juščenko con il 52% dei voti, contro il 44% del suo sfidante.
Perché il nome Rivoluzione Arancione
Le proteste di piazza seguite alla vittoria di Viktor Janukovich vennero subito ribattezzate Rivoluzione Arancione. Tale nome è legato in parte alle precedenti rivoluzioni avvenute nei Paesi ex sovietici (dalla Rivoluzione di Velluto del 1989 a quella delle Rose del 2003 in Georgia), ma soprattutto al fatto che i manifestanti – centinaia di migliaia – scesero in piazza vestiti di arancione, un colore che divenne il simbolo delle forze di opposizione.