Iran, ancora proteste per Mahsa Amini. Il regime: “Pronti a spazzare via i rivoltosi”

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L'appello degli attivisti è arrivato nonostante il divieto di accesso a Internet. Manifestazioni a Teheran, Karaj, Rasht, Ardebil, Ahvaz e Mashhad e in molte università fra cui quelle di Marivan e Isfahan. Commercianti in sciopero a Saghez, città natale della 22enne morta dopo essere stata arrestata dalla polizia morale. Il generale Hassan Karami ha detto che alcuni degli uomini inviati per le strade “provengono dall'Unità delle forze dell'ordine speciali” e sono “in grado di far fronte ai manifestanti terroristi"

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Ancora proteste in Iran, dove in molte città proseguono le manifestazioni scoppiate cinque settimane fa per la morte di Mahsa Amini, la 22enne curda morta tre giorni dopo essere stata arrestata dalla polizia morale per non aver indossato correttamente il velo islamico. L’appello lanciato questa mattina dagli attivisti, nonostante i limiti e i divieti all'accesso a Internet e le autorità che hanno bloccano l'accesso alle app di Instagram e WhatsApp, è stato accolto in molte zone del Paese, mentre il regime parla di “spazzare via i rivoltosi”.

Lo slogan “Donne, vita, libertà”

Proteste sono state organizzate, oltre che nella capitale Teheran, anche a Karaj, Rasht, Ardebil, Ahvaz e Mashhad. "Donne, vita, libertà" è stato lo slogan più urlato dagli studenti universitari di vari atenei, da Teheran a Marivan, fino a Isfahan. Anche gli studenti delle scuole hanno preso parte alle manifestazioni in alcune città, in particolare ad Ardebil, dove mercoledì una studentessa è morta in ospedale dopo essere stata picchiata dalle forze di sicurezza, mentre un altro studente versa in condizioni critiche. Commercianti hanno scioperato a Saghez, città natale di Mahsa Amini nella provincia del Kurdistan, e a Mahabad (nord), secondo il media online 1500tasvir. "Le studentesse del villaggio di Ney a Marivan (ovest) hanno appiccato incendi in strada e gridato slogan anti-governativi", ha scritto Hengaw, un gruppo per i diritti dei curdi iraniani con sede in Norvegia.

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L‘appello degli attivisti

Il richiamo alla protesta è arrivato in mattinata, un nuovo appello dopo che la morte di Mahsa Amini ha alimentato la più grande ondata di proteste di strada mai vista nel Paese da anni. Nonostante il divieto di accesso ai servizi Internet e alle piattaforme come Instagram e WhatsApp, gli attivisti sono riusciti a lanciare un appello online sotto con lo slogan "L'inizio della fine!", invitando a partecipare alle proteste odierne, a riunirsi nei punti in cui le forze di sicurezza non sono presenti e a cantare "Morte al dittatore", in riferimento al leader supremo dell'Iran, l'Ayatollah Ali Khamenei. "Dobbiamo essere presenti nelle piazze, perché la migliore VPN di questi tempi è la strada", hanno dichiarato, riferendosi alle reti private virtuali utilizzate per aggirare le restrizioni di Internet.

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Il regime: “Pronti a spazzare via i rivoltosi”

Ma il regime minaccia apertamente i manifestanti. Hasan Hasanzadeh, comandante dell'unità Rasulallah di Teheran, una divisione del corpo delle Guardie Rivoluzionarie islamica (Irgc), ha affermato che "se tali forze scendessero in piazza, tutti i rivoltosi verrebbero spazzati via". Inoltre, in un’intervista a Fars, il generale Hassan Karami ha detto che alcuni degli uomini inviati per le strade e nelle piazze “provengono dall'Unità delle forze dell'ordine speciali, che ha il compito di confrontarsi con i rivoltosi, che protestano contro la morte di Mahsa Amini” e hanno dimostrato di "essere in grado di far fronte ai manifestanti terroristi". Alcuni video postati sui social hanno mostrato uomini vestiti di nero che, in collaborazione con la polizia Basij (milizia di mobilitazione), hanno attaccato violentemente i manifestanti. Rapporti non ufficiali affermano che sarebbero membri delle Guardie Rivoluzionarie. I "rivoltosi, armati e addestrati, stanno solo sprecando l'enorme quantità di dollari che ricevono dagli Stati Uniti e dai Paesi occidentali", ha aggiunto Karami.

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