Dopo quasi sette mesi di guerra, il timore dei cittadini ucraini e dei tantissimi profughi interni, cioè persone che scappano dalle zone di conflitto per rifugiarsi a Ovest, è quello di restare soli. Il racconto di una capomissione della ong Mediterranea, che dall'inizio del conflitto porta aiuto in quelle zone
"Gli ucraini hanno paura che l’Occidente si dimentichi della guerra. Notano che sono diminuiti gli aiuti, che gli osservatori internazionali che garantiscono un flusso di informazioni libero e costante sono di meno. Quella di essere abbandonati è una paura molto presente tra la popolazione. E poi c’è un sentimento diffuso di profondo sconforto e rassegnazione. Come tutte le persone in fuga dalla guerra, messa in salvo la vita, cominciano a pensare alla quotidianità. Che non è per niente facile". A parlare è Laura Marmorale, una delle capomissione di Mediterranea, a margine del festival “A bordo!” organizzato dalla ong a Napoli. L’organizzazione non governativa, dal 17 marzo scorso, senza sosta, porta aiuto ai cittadini. Oltre all’impegno via mare che ha assunto dal 2018, per offrire un porto sicuro a chi scappa da guerre e difficoltà, dall’inizio del conflitto in Ucraina ha offerto dapprima un passaggio sicuro ai profughi. Poi, con il passare del tempo, i bisogni sono cambiati, anche se i venti di guerra sono rimasti, così come i profughi interni, persone che scappano da Est verso Ovest, ma meno verso altri Paesi. Nella quarta missione partita l’8 Agosto e ancora in corso, il contributo che si sta portando è un aiuto medico. La missione, infatti, si chiama “Medcare”: dall’Italia è partita una carovana con medici volontari e un ambulatorio mobile che la ong ha acquistato e attrezzato per le visite e la conservazione di farmaci e presidi medici. "Il mezzo è arrivato con noi, in una missione che portava anche i farmaci raccolti da equipaggi di terra di Mediterranea in collaborazione con associazioni, territori, le parrocchie e la Curia di Napoli che è molto impegnata su questo fronte – spiega Marmorale – Poi una prima équipe sanitaria ha catalogato il materiale, creando un magazzino per conservare i farmaci e attrezzando l’ambulatorio. Attraverso i Salesiani di Don Bosco che a Leopoli ci ospitano e ci offrono una base operativa siamo riusciti a entrare in contatto con le persone”.
Di cosa hanno bisogno i profughi interni
Leopoli è il punto di arrivo dei profughi interni dell’Ucraina, infatti ci sono diversi campi container che li ospitano e "chi gestisce il campo dei Salesiani ci ha detto che ci sono ben duemila persone in strada in attesa di trovare posto". La richiesta principale di chi scappa dalle zone di conflitto, oltre a un posto dove stare, è l’assistenza medica: "La medicina di base scarseggia – racconta la capomissione – e scarseggiano anche i farmaci, per cui era nato un fiorente mercato nero. Uno scatolo di paracetamolo, ci hanno raccontato tante persone in fila all’ambulatorio, era arrivato a costare anche 20 euro". Scarseggiano persino farmaci salvavita. Molto critica anche la situazione dei malati psichiatrici, dove si è valutato di portare presto presidi sanitari. Così come i medici stanno stilando una lista di richieste da parte della popolazione. Ma oltre alla guerra, presto ci sarà l’inverno, con le sue temperature rigide in Ucraina. "In questo momento abbiamo bisogno di piumoni, le persone che vivono nei container sono terrorizzate dal freddo in arrivo. E poi stiamo per avviare una raccolta fondi per dotare l’ambulatorio di un ecografo e un elettrocardiografo. Stiamo cercando di intercettare chi ha bisogno di assistenza sanitaria e terapie anche per sottrarli a fenomeni di speculazione, che purtroppo in guerra ci sono sempre. Grazie al supporto delle donazioni da parte delle persone, grazie alle associazioni, ai volontari e al supporto fondamentale della Chiesa, grazie ai medici che impiegano le loro ferie per aiutare la popolazione, stiamo cercando di restare il più a lungo possibile in quei territori".