La ministra dell'Interno britannica, Priti Patel, ha dato il via libera finale, dopo che nel Paese era stata completata la procedura giudiziaria sulla controversa vicenda dell'attivista australiano. WikiLeaks: è "un giorno buio per la libertà di stampa"
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La ministra dell'Interno britannica, Priti Patel, ha ordinato l'estrazione negli Stati Uniti di Julian Assange. Il via libera finale da parte della responsabile dell'Home Office arriva dopo che nel Regno Unito era stata completata la procedura giudiziaria sulla controversa vicenda dell'attivista australiano. È "un giorno buio per la libertà di stampa", commenta WikiLeaks.
Cosa rischia Assange
Assange rischia di scontare in un carcere Usa una pesantissima condanna per aver contribuito a diffondere attraverso la piattaforma online Wikileaks documenti riservati contenenti anche informazioni su crimini di guerra commessi dalla forze americane in Iraq e Afghanistan. Come scrive Reuters, la decisione non significa la fine della battaglia legale di Assange. Può fare appello alla London's High Court oppure può, in ultima battuta, provare a portare il suo caso davanti alla United Kingdom Supreme Court.
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La nota dell'Home Office
"In base alla legge sull'estradizione (Extradition Act) del 2003, il ministro è tenuto a firmare l'ordine di estradizione se non ha basi per proibire che esso venga eseguito", si legge in una nota esplicativa diffusa a nome di Patel dal dicastero dell'Interno britannico. "Il 17 giugno - recita ancora il comunicato - in seguito al giudizio dato sia dalla Corte di primo grado sia dall'Alta Corte, l'estradizione negli Usa del signor Julian Assange è stata quindi ordinata. Il signor Assange conserva tuttavia il diritto di fare appello entro il termine normale di 14 giorni". Il ministero sottolinea comunque come "in questo caro le Corti del Regno Unito non abbiano riscontrato il rischio di abusi, di un trattamento ingiusto o oppressivo contro Assange nell'ambito del processo di estradizione. E neppure hanno riscontrato che negli Stati Uniti egli possa andare incontro a una procedura incompatibile con i suoi diritti umani, incluso il diritto a un processo giusto o alla sua libera espressione", sancendo che "sarà trattato in modo appropriato anche in relazione alla sua salute".
Le polemiche sul caso
Le motivazioni formali della ministra non cancellano però le polemiche contro l'intera vicenda che dura da oltre 10 anni e che è stata denunciata come iniqua e persecutoria da molti sostenitori, da organizzazioni umanitarie come Amnesty
International, da agenzie dell'Onu, da alcuni periti medici e da diversi media internazionali.