Dal prossimo 30 maggio, solo agli studenti di 37 istituti al mondo verrà data la possibilità di raggiungere il Regno Unito per cercare un lavoro senza avere già uno sponsor e un contratto con determinati requisiti stabiliti dalla Brexit
LONDRA - Non c’è la Sorbona di Parigi, non c’è la Humboldt di Berlino, non c’è il Politecnico di Milano o la Normale di Pisa. Nell’Olimpo dei 37 atenei che per il Regno Unito rappresentano un’eccellenza tale da meritare un visto “speciale” non c’è nessuna università italiana. Ce ne sono moltissime americane, un paio di cinesi, un paio di svizzere, una francese, una tedesca, una svedese. Di italiane, nessuna. Questo vuol dire che i laureati dei nostri atenei dovranno comunque avere uno sponsor prima di poter andare a lavorare nel Regno Unito e rispettare la loro domanda dovrà soddisfare alcuni requisiti (come un salario minimo di circa 30mila euro l’anno). Così ha voluto la Brexit.
Gli studenti ad alto potenziale
Con l’obiettivo di attrarre giovani cervelli in giro per il mondo, Londra introdurrà, a partire dal prossimo 30 maggio, il cosiddetto “High Potential Visa” (della durata di 2 o 3 anni a seconda dei casi) destinato appunto a chi si è laureato nei primi 37 atenei al mondo secondo una classifica ottenuta comparandone tre riconosciute a livello internazionale: quelle del Times Higher Education, della QS World University Rankings e della Academic Ranking of World Universities.
Non a costo zero
Durante il periodo di permanenza con il visto speciale, si potrà cercare un lavoro per poter ottenere un visto permanente. Tutto questo non avverrà comunque a costo zero. Anche gli “studenti ad alto potenziale” dovranno mettere mano al portafoglio e sborsare 715 sterline (circa 900 euro) per ottenere il documento, 750 euro annuali per poter accedere al servizio sanitario e avere infine l’equivalente di 1.500 euro su un conto bancario.