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Guerra in Ucraina, Barrilà: Putin, ambizioso senza coraggio

Mondo

Gaia Mombelli

A poco più di un mese dall'inizio della guerra in Ucraina, il profilo di Putin è stato analizzato più volte. Ma perchè ci interessa tanto conoscerlo? Qual è il sentimento sociale che ci differenzia da lui? Chi era il Putin bambino? A queste e altre domande ha risposto lo psicoterapeuta 

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Di Vladimir Putin politico, sappiamo parecchio. Di cosa lo ha portato ad essere come appare ai nostri occhi in questi giorni, sappiamo invece molto meno. A un mese esatto della precedente intervista, abbiamo deciso di interpellare ancora ancora Domenico Barrilà, analista adleriano, uno dei massimi psicoterapeuti italiani, che ci aveva spiegato le profonde e inattese fragilità del presidente russo.

 

Adler e Putin

Le chiedo subito cosa avrebbe detto Alfred Adler del personaggio di cui ci stiamo occupando, Vladimir Putin, come lo avrebbe definito?

Con tre parole. Ambizioso senza coraggio.

 

Cosa significa?

Tutti noi cerchiamo di abbandonare la condizione di minorità che ci opprime puntando verso l’alto, il punto è il modo in cui compiamo questa scalata. Un uomo vuole arrivare in cima, ma se percepisce di non possedere il talento o il coraggio necessario necessari per misurarsi con gli antagonisti, nel rispetto delle regole comuni, può fare ricorso a espedienti antisociali, nel caso specifico persino aggressioni come quella in atto. Il coraggio è qui inteso come la capacità di tollerare l’insuccesso, negli individui schiacciati dai sentimenti di inadeguatezza, come Vladimir Putin, questo particolare tipo di coraggio è assente. Molte persone, anche bambini, si comportano come lui, temono il collaudo sociale e utilizzano stratagemmi utili a evitare smacchi, azioni raramente compatibili con l’interesse collettivo.

 

Il sentimento sociale

Questo significa assenza di sentimento sociale?

Le persone come il presidente russo sono parecchie intorno a noi, la differenza è che loro non hanno la bomba atomica, per questo talvolta non ci facciamo caso, sebbene la loro natura li conduca a infliggersi arbitrariamente e in modo costante al loro prossimo. Nei mesi scorsi, durante uno dei momenti più severi della pandemia, avevo tenuto un webinar ai dipendenti di una multinazionale. Ero rimasto impressionato dalla forza di coercizione mentale con cui il direttore generale teneva sotto controllo l’ambiente. Un manipolatore di incredibile tenacia, che edulcorava il proprio comportamento con un paternalismo simile al populismo di Putin e a quello di tanti politici, anche nazionali, sempre pronti a lisciare il pelo ai cittadini, ma solo per aprirsi una bottega nei loro mondi interiori. Queste tipologie di individui fanno venire in mente il comportamento seduttivo dei pedofili. Solo io ti voglio bene, di me ti puoi fidare. Un concentrato di gatto e volpe ad altissima densità. Quel manager aveva dei conti aperti con i propri sentimenti di inadeguatezza, senz’altro irrisolti; tuttavia, se ci mettiamo nei panni di coloro che tutti i giorni sono costretti a lavorare vicino simili individui, un poco di sgomento è inevitabile.

 

Putin e Hitler

Nella precedente occasione erano emerse delle similitudini tra Putin e Hitler, è possibile un confronto?

Qualche rimando sembra evidente, almeno nel percorso biografico, Hitler è una figura tragica, da cima a fondo, dotato tuttavia di un altrettanto tragica epica, mentre Putin è un mediocre, estremamente banale, privo di quell’epica ma anche di etica. Hitler si è macchiato della più mastodontica mostruosità perpetrata da un essere umano, covava sentimenti di rivalsa nazionalistici, aveva il chiodo fisso della grandezza della Germania, ma non perdeva tempo a pensare di arricchirsi, non credo fosse nemmeno nei suoi disegni. Putin, invece, è un banale ladro di polli, che ingrassa affamando la sua gente. Solo la super villa e il suo yacht valgono un paio di miliardi, ma credo rappresentino solo un frammento della sua immensa ricchezza, che non credo sia frutto degli stipendi presidenziali o della pensione da agente del Kgb. Potremmo dire che Hitler possiede la stazza del personaggio storico, sebbene dalla totale negatività, mentre Putin è un grigio, che più grigio non si potrebbe, burocrate sovietico, arso da un desiderio irrefrenabile di essere ciò che non è.

 

Eppure, sembra godere di molta popolarità tra i suoi connazionali e presso il suo gruppo di potere.

Se i cittadini vengono sigillati all’interno di una narrazione completamente manipolata, di cui è impossibile verificare l’infondatezza, non possono che seguire ciecamente il capo. Ma non è colpa loro. Anche nel nostro Paese, all’inizio e alle fine del secolo scorso, non sono mancati i cedimenti su questo terreno. Se si incontrano due finalismi complementari, delegare a un uomo forte, magari comodità,

Recentemente, parlando della giornata dedicata alle vittime delle mafie, lei scriveva “In quella tragica parolina, mafie, purtroppo c’è anche qualcosa di nostro. Un bambino abituato a considerare normale uno strumento correttivo basato sulla violenza, oltre a subire la ricaduta fisica e morale della stessa, acquisisce una “memoria predisponente”, alla quale certamente è libero di opporsi, ma che altrettanto certamente si porterà dentro come una miccia pronta ad incendiarsi”.

 

Gesti educativi

Questo mi fa pensare al peso dei gesti educativi nella costruzione di personaggi come Vladimir Putin, ma anche come tanti individui che ammorbano la vita civile.

La violenza è fatta di schiaffi, di percosse, ma anche di gesti che annientano. Il responsabile della strage di Utoya e il ragazzo dalla famigerata coppia che sfregiò con l’acido il presunto ex di lei, furono abbandonati dal padre in adolescenza, padri che sparirono quasi totalmente dalle loro esistenze. Quando parti col peso di un giudizio di valore così negativo, è difficile che ti possa annidare nella vita con equilibrio. Purtroppo, la violenza e le guerre nascono anche nei tinelli di casa nostra, può non piacere ma è così, lo stile di vita si modella proprio negli anni che passiamo in famiglia.

 

Cosa angustia Vladimir Putin e quando il bambino che si porta dentro smetterà di farcela pagare?

Nei giorni scorsi, su un quotidiano nazionale è apparsa l’intervista all’ex compagna del banchiere di Putin. Queste poche parole confermano ciò che ci siamo detti in questa conversazione e nella precedente. Afferma di averlo incontrato un paio di volte, mentre il suo compagno ci parlava quasi ogni giorno. “Mi raccontava dei suoi scoppi d’ira, delle sue debolezze, le sue paure. È un narcisista cui non piace ritrovarsi con le spalle al muro. È un uomo privo di qualsiasi carisma, basso, con un viso molto sovietico. Non fa una bella figura”. Le confesso di non amare le parole a effetto, alle quali appartiene narcisismo, che mi pare un coperchio per troppe pentole, ma quando il bisogno di eccellere a tutti i costi prende la mano a qualcuno, i risultati non sono quasi mai nell’interesse generale. Credo, tuttavia, che quel bambino smetterà di farcela pagare presto, la realtà è un muro di cui queste persone non tengono conto quando la sera, mentre misurano il peso della loro solitudine, sognano, come l‘astronomo del Piccolo Principe, di contare quante più stelle possibile, credendo che questo basti a possederle. In questa fase del conflitto, la forza degli adulti sembra stia per avere la meglio sui capricci dei bambini, bisogna avere l’accortezza, però, di continuare a mostrarsi adulti e, soprattutto, non lasciare scappatoie interpretative. I bambini sono bravissimi a colonizzare le contraddizioni dei grandi e volgerle a proprio vantaggio, ma nello stesso tempo capiscono quando il fronte avverso non lascia margini per ulteriori capricci.

 

Come mai in questo mese a tutti noi è sembrato così urgente conoscere il presidente russo mentre non succede con altri politici, pure decisivi in questo momento?

Sebbene formalmente si tengano delle elezioni, la Russia è una dittatura, comanda una sola persona, è naturale che ognuno di noi cerchi di scrutare l’aggressore nel suo mondo privato per farsi un’idea di come potrebbero evolvere le cose in questo passaggio così drammatico e inestricabile. I leader che lo fronteggiano, quelli occidentali, subiscono invece un costante controllo sulle loro azioni, sono sempre alle prese con opposizioni e parlamenti. Le loro affermazioni, come giusto che sia in un sistema democratico, è come se fossero la sintesi di compromessi necessari, dunque, la curiosità per la struttura psicologica dei leader occidentali è assai minore, perché vengono percepiti come frammenti di un processo collettivo.

 

Il sentimento sociale

Lei pone l’accento sulla carenza di “sentimento sociale” di Putin. Perché così importante questo passaggio?

Noi siamo una specie cooperativa. Tutti i progressi della nostra specie sono conseguenza di azioni comuni, questo valeva centomila anni fa, vale ancora di più ancora oggi. Una persona sana è il frutto di questa logica. Nei giorni successivi alla scoperta del Bosone di Higgs, avvenuta presso l’acceleratore di particelle del Cern di Ginevra, ma teorizzato mezzo secolo prima dal fisico scozzese Peter Higgs, mi sono recato all’università di Milano per ascoltare Fabiola Gianotti, direttrice di quell’Istituto. Sono rimasto commosso quando la scienziata ha spiegato che per afferrare quel fantasma, avevano lavorato notte e giorno 10 mila fisici provenienti da tutto il Pianeta, di ogni nazionalità, religione, convinzione politica. È questa la normalità della specie umana, fuori dal recinto cooperativo c’è solo violenza e regressione. Alfred Adler addirittura immagina una creatura leggibile solo nel confronto coi propri simili, in un articolo apparso postumo, era stato chiarissimo: “Nessuno psicologo è capace di determinare il significato di alcuna esperienza, se non prende in considerazione il suo rapporto con la società”.

 

Questa è la carenza, dunque, che mina la personalità di Putin?

Per quanto appena detto, ll dosaggio del sentimento sociale, che non significa generica socievolezza, è la misura del nostro grado di normalità, è il vertice di una scala ascendente il cui gradino più basso è la cooperazione, salendo incontriamo la compartecipazione, L’affettività, premessa da cui si genera il vero capolavoro della nostra specie, la compassione. Una persona che non percorre tale cammino è inadatta a vivere tra umani, perché non è in grado di registrarli nel proprio mondo interiore. Mi pare che Putin sia discretamente attardato su questa strada, sebbene mi senta di raccomandare a tutti noi un onesto esercizio di memoria. Il tema della violenza nel Pianeta è una tragica realtà che non possiamo esorcizzare intestandola a poche persone, noi siamo una specie che con la violenza va a braccetto da millenni, anche dietro la quiete della cosiddetta normalità si nascondono fenomeni di enorme pesantezza morale, basterebbe pensare alle centinaia di miliardi di animali che ogni anno uccidiamo per scopi alimentari.

 

Mi sta dicendo che Putin è una delle tante persone inadatte chiamate a occuparsi di altre persone. Mi chiedo come è possibile intercettarle, prima che arrivino nella stanza dei bottoni?.

In realtà non è facile. La politica è un attrattore incessante di persone molto ambiziose ma sovente povere di altruismo. È un ascensore sociale rapidissimo, permette di passare da niente a tutto in un lampo, e questo può indurre in tentazione individui in cerca di facile visibilità o addirittura problematiche, propense a credere che prendendo la scorciatoia della politica possono risolvere i loro problemi. Ma la politica non è una comunità terapeutica, dovrebbero essere gli elettori a ricordarsene quando impugnano la matita in cabina, sebbene chi fa politica possieda grandi doti di persuasione, maestria nel toccare i nervi scoperti dei cittadini e gettare fumo negli occhi, a volte basta uno slogan efficace per fare la differenza e trasformare un mediocre in un genio.

 

La vera forza non ha bisogno di essere esibita

Un altro lineamento che lei individua nella struttura profonda di Putin sono i suoi sentimenti di inadeguatezza.

Esibire forza non significa averne davvero. Anzi può volere dire esattamente il contrario. Una persona davvero forte non sente nessun bisogno di esibirla. Se ama i cani, noterà che spesso sono quelli più piccoli ad abbaiare più forte.

Se riuscissimo a grattare la patina, la glassa, del personaggio di copertura di Vladimir Putin, potremmo rimanere senza parole. Cerco di spiegarmi con un esempio pertinente, riguarda Pablo Escobar, il sanguinario leader del cartello di Medellin noto soprattutto per la sua ferocia. L’ufficiale che insieme ai suoi uomini riuscì a catturarlo, segnandone la fine raccontò a un giornalista italiano le circostanze di quell’operazione. C’era una botola dissimulata nel pavimento, “quando l’abbiamo aperta, lui era lì. Ci trovammo di fronte un uomo tremolante, atterrito, piagnucoloso, sembrava un bambino, e ci implorava di non ucciderlo”. Impensabile, ma nemmeno tanto se seguiamo il ragionamento appena sviluppato.

Domenico Barrilà, analista adleriano e scrittore, è considerato uno dei massimi psicoterapeuti italiani.
È autore di una trentina di volumi, tutti ristampati, molti tradotti all’estero. Tra gli ultimi ricordiamo “I legami che ci aiutano a vivere”, “Quello che non vedo di mio figlio”, “I superconnessi”, “Tutti Bulli”, “Noi restiamo insieme. La forza dell’interdipendenza per rinascere”, tutti editi da Feltrinelli, nonché il romanzo di formazione “La casa di Henriette” (Ed. Sonda).
Nella sua produzione non mancano i lavori per bambini piccoli, come la collana “Crescere senza effetti collaterali” (Ed. Carthusia).

È autore del blog di servizio, per educatori, https://vocedelverbostare.net/

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