La prossima udienza si terrà il 1° febbraio 2022. Lo studente e ricercatore egiziano dell’Università di Bologna è accusato della “diffusione di notizie false" dentro e fuori il Paese africano. Incriminati tre articoli, tra cui uno sulla condizione dei cristiani perseguitati in Egitto. Zaki era entrato in carcere il 7 febbraio 2020. In aula, insieme ai legali, i genitori e un gruppo di diplomatici, italiani e stranieri. "Sto bene", ha detto Zaki dalla gabbia degli imputati
Patrick Zaki sarà scarcerato, ma non è stato assolto: la prossima udienza si terrà il 1° febbraio 2022. Ancora non è chiaro quando potrà lasciare il carcere, se già oggi - martedì 7 dicembre - o nei prossimi giorni. È quanto emerge dalla terza udienza del processo a suo carico, che si è tenuta a Mansura, in Egitto. Urla di gioia di familiari e attivisti fuori dall'aula di tribunale hanno accolto la pronuncia, ma la giornata era iniziata in salita. L'udienza è stata infatti sospesa a soli quattro minuti dall'inizio, dopo che la legale di Zaki, Hoda Nasrallah, ha chiesto l'acquisizione di ulteriori atti sia per dimostrare la presunta illegalità dell'arresto del 7 febbraio 2020 che la correttezza dell'articolo sulle discriminazioni dei cristiani copti in Egitto, alla base del processo perché ritenuto "falso". Lo studente egiziano dell’Università di Bologna è rimasto in carcere 22 mesi, accusato appunto della diffusione di false informazioni attraverso tre articoli giornalistici. Rischia una condanna fino a cinque anni di reclusione. Lo studente, 30 anni, era stato da poco trasferito dal carcere di Tora, nei pressi del Cairo, dove ha trascorso quasi tutta la sua custodia cautelare, in una prigione di Mansura. Rinviato a giudizio lo scorso settembre, fino all’estate scorsa è rimasto in carcere sulla base di continui rinnovi della custodia cautelare (LE TAPPE DELLA VICENDA).
I documenti richiesti
Registrazioni di telecamere di sorveglianza dell'aeroporto del Cairo, verbali redatti da un agente della Sicurezza nazionale e da uno della polizia, oltre a copie di verbali di un processo civile e la convocazione di un teste. Sono questi gli atti che la legale di Patrick Zaki ha chiesto al giudice di acquisire al processo. Le registrazioni video servirebbero per dimostrare che Patrick fu arrestato all'aeroporto del Cairo e non a casa propria a Mansura, come invece sostenuto dalla Procura, ha detto una fonte. I verbali richiesti sono quello del funzionario della Sicurezza nazionale che documentò la cattura al Cairo e quello dell'agente di polizia che ha registrato il fermo a Mansura: i due documenti dovrebbero dimostrare l'illegalità del fermo di Zaki. Gli atti del processo civile riguardano invece il caso di un cristiano che sarebbe stato discriminato impedendogli di testimoniare in un caso di eredità contesa del 2008, come sostenne Patrick nell'articolo del 2019 sulle discriminazione dei copti in Egitto, incriminato in questo processo. Sempre in relazione all'articolo, la legale ha chiesto che venga acquisita la testimonianza del fratello di un soldato cristiano ucciso da terroristi islamici, al quale - aveva scritto Zaki - sarebbero stati negati adeguati onori.
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Zaki dalla gabbia degli imputati: "Sto bene"
Dopo che l'udienza è stata sospesa, Zaki è stato fatto uscire dalla gabbia degli imputati e portato altrove. "Per la prima volta" in aula era presente "un Pm", ha notato una fonte. Prima dell'udienza Patrick ha potuto parlare per diversi secondi attraverso le sbarre, anche con la sua fidanzata. Oltre ai legali di Zaki, in tribunale erano presenti anche due diplomatici italiani. "Bene, bene, grazie", ha risposto loro, alzando il pollice, alla domanda su come stesse. Si è appreso che il diplomatico ha potuto parlagli brevemente per rappresentargli la vicinanza delle istituzioni italiane e Zaki ha ringraziato per quello che l'Italia e l'Ambasciata stanno facendo per lui. Il diplomatico italiano si era intrattenuto anche con i genitori di Patrick poco prima. In aula, infatti, c'erano anche George, il padre di Zaki, e la madre Hela. Presenti anche diplomatici di Stati Uniti, Spagna e Canada, un avvocato della Delegazione dell'Unione Europea e un legale di fiducia della rappresentanza diplomatica italiana al Cairo.
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La vicenda
Zaki, ricercatore e attivista, era stato arrestato il 7 febbraio del 2020, tornato in Egitto dall’Italia per una vacanza. I lunghi mesi di custodia cautelare sono stati giustificati dalla magistratura egiziana perché lo studente avrebbe commesso il reato di propaganda sovversiva attraverso alcuni post sul suo profilo Facebook. Il rinvio a giudizio è stato invece disposto per "diffusione di notizie false dentro e fuori il Paese" attraverso tre articoli. Uno di questi, scritto nel 2019, aveva denunciato la situazione dei cristiani copti in Egitto, perseguitati dall'Isis e discriminati da frange della società musulmana. È proprio sulla base di questo articolo che la magistratura egiziana ha giustificato le accuse a Zaki.
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Le reazioni dall'Italia: "La luce finalmente"
La scarcerazione di Zaki è “uno spiraglio, la luce finalmente”, ha scritto in un post su Twitter il segretario del Pd Enrico Letta. “Una bella notizia”, anche se ancora parzialmente, ha detto l’ex premier Giuseppe Conte, che ha ricordato di aver “seguito particolarmente” il caso – insieme a quello Regeni – durante la sua presidenza a Palazzo Chigi. Il ministro degli Esteri Luigi Di Maio ha espresso un "doveroso ringraziamento" al corpo diplomatico italiano per il lavoro svolto, sottolineando che il "primo obiettivo" è stato raggiunto e che adesso si continuerà a "lavorare silenziosamente, con costanza e impegno". Così anche i deputati cinque Stelle in commissione Esteri. "È la notizia che aspettavamo dal febbraio 2020, dal momento in cui è iniziata una carcerazione preventiva in violazione di ogni diritto umano. Non abbiamo mai abbassato i riflettori su questo caso pretendendo dall'Egitto di Al Sisi una giustizia giusta. La notizia di oggi, però, la consideriamo un primo passo, quel che auspichiamo è la sua totale assoluzione. Vogliamo rivedere Zaki libero e in Italia!", hanno dichiarato in una nota. L'auspicio è lo stesso del presidente del Parlamento europeo David Sassoli: "Continueremo a chiedere la sua completa assoluzione e a batterci perché possa tornare al più presto ai suoi studi in Italia. Ti aspettiamo, Patrick", ha scritto su Twitter. Il portavoce di Amnesty International Italia, Riccardo Noury, ha parlato di “un enorme sospiro di sollievo, perché finisce il tunnel di 22 mesi di carcere e speriamo che questo sia il primo passo per arrivare poi ad un provvedimento di assoluzione". L'idea che Patrick possa trascorrere dopo così tanto tempo una notte in un luogo diverso dalla prigione, ha detto Noury, “ci emoziona e ci riempie di gioia. In oltre dieci piazze italiane questa sera scenderemo con uno stato d'animo diverso dal solito e più ottimista".