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Usa, droga e riciclaggio, moglie Chapo condannata a 3 anni

Mondo

Emma Coronel Aispuro ha già scontato nove mesi. Il giudice federale Rudolph Contreras ha riconosciuto come attenuante che la ex reginetta di bellezza, ora 32enne, era solo una teenager quando sposò il boss

Oggi a giudicarla è stata la corte federale di Washington, che la ha condannata a tre anni, uno in meno della richiesta dell'accusa, per la sua partecipazione agli affari del marito. Dopo essersi professata innocente, la trentaduenne Emma Coronel, che era stata arrestata lo scorso febbraio all'aeroporto di Dulles, Virginia, ha poi scelto di collaborare e ammettere il suo coinvolgimento negli affari di 'El Chapo', una capillare rete di trafficanti che esportava eroina, cocaina, marijuana e metanfetamina negli Stati Uniti.

Chi è Emma Coronel

Trentadue anni, doppia nazionalità messicana e statunitense, ex reginetta di bellezza, tacchi vertiginosi e abiti attillati a esaltarne le curve, Emma Coronel sposò "El Chapo", di 32 anni più anziano, nel 2007 e gli diede due gemelle nel 2011. Figlia di un fedelissimo di Guzman, l'ex modella era ben inserita negli affari del consorte. Secondo l'Fbi, che ne aveva chiesto l'arresto, Emma Coronel conosceva i dettagli logistici e finanziari degli affari di "El Chapo" e fu questo che la rese in grado di mettersi in proprio quando, nel 2019, Guzman fu rinchiuso nel carcere di massima sicurezza di Florence, in Colorado.

La collaborazione per la fuga di "El Chapo"

 

Il traffico di stupefacenti non è l'unica accusa della quale ha dovuto rispondere. I federali l'hanno ritenuta infatti la mente della spettacolare fuga del marito dal carcere messicano di El Altiplano, avvenuta nel luglio 2015 attraverso un tunnel di un chilometro e mezzo scavato fino alla doccia della sua cella. Secondo i pentiti del cartello, era stata la donna a tenere i contatti tra Guzman e i suoi luogotenenti dal 2012 al 2014, gli anni della latitanza di "El Chapo", braccato per tutto il Messico dalle autorità. Anche dopo l'arresto, Coronel aveva continuato ad approfittare delle visite al marito in carcere per trasmettere i suoi messaggi al cartello. E, quando nel 2016 "El Chapo" fu catturato di nuovo, Coronel avrebbe cercato di architettare una nuova evasione che lo sottraesse alla giustizia statunitense.

Il patteggiamento

"Esprimo il mio rammarico per tutto il male che posso aver fatto", ha detto la donna prima della lettura della sentenza. "Soffro per il dolore che ho causato alla mia famiglia", ha aggiunto. La moglie del 'Chapo' ha patteggiato anche un accordo per la restituzione di 1,5 milioni di dollari. La stessa accusa ha ammesso che il suo vero ruolo nelle attività del marito "era minimo".

L'aiuto alla fuga

"Non era una leader, una organizzatrice, un boss ma piuttosto un ingranaggio nella grandissima ruota di una organizzazione criminale", ha riconosciuto il procuratore Anthony Nardozzi, ricordando però che la donna aiuto' il boss a evadere dal carcere nel 2015. "L'imputata tuttavia ha scelto di assumersi la responsabilità delle proprie azioni" dopo l'arresto, ha sottolineato. 

La collaborazione con la giustizia

Emma Coronel si era dichiarata colpevole a giugno di tre capi d'accusa: concorso in traffico di droga, riciclaggio di denaro sporco e transazioni con un narcotrafficante straniero. Mariel Colon, avvocato della trentaduenne, ha negato che la sua cliente abbia collaborato con i magistrati per ottenere una pena minore e ha smentito che abbia beneficiato dello status di testimone protetto. "Le sue figlie sono in Messico e sappiamo molto bene cosa succede a coloro che collaborano e alle loro famiglie", ha dichiarato la legale alla televisione Univision, paventando una ritorsione dei cartelli. I pubblici ministeri, nel chiedere una pena di quattro anni, hanno sottolineato che la donna non aveva precedenti penali prima del suo arresto e che "ha rapidamente accettato le sue responsabilita'". "E' molto chiaro che abbia collaborato" con la giustizia americana, ha spiegato all'Afp Michael Lettieri, esperto dei cartelli della droga messicani.

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