Il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite si riunisce a porte chiuse sulla crisi seguita al colpo di stato che ha causato almeno 500 morti. La comunità internazionale è divisa: dura la reazione di Usa, Gran Bretagna e Francia, ma Cina e India hanno rifiutato di condannare formalmente le violenze dei militari, mentre secondo la Russia Myanmar è "un alleato affidabile"
Gli Stati Uniti hanno ordinato al loro personale diplomatico non essenziale e alle loro famiglie di lasciare il Myanmar, l'ex Birmania. Lo ha annunciato il Dipartimento di Stato. Intanto oggi è il giorno della riunione d'emergenza del Consiglio di sicurezza Onu sulla crisi. Secondo l'Associazione per l'assistenza ai prigionieri politici, sono almeno 510 i civili uccisi nella repressione seguita al colpo di Stato. Il Giappone, nel frattempo, sospende i finanziamenti sia ai progetti nuovi che a quelli già avviati con la Birmania.
La comunità internazionale divisa
Ieri l'Associazione per l'assistenza ai prigionieri politici ha comunicato che "abbiamo la conferma di 510 morti", specificando che il bilancio "è probabilmente molto più alto", con centinaia di persone arrestate negli ultimi due mesi di cui non si sa più nulla. Le reazioni internazionali si sono divise. Dura quella degli Usa, che hanno annunciato l'immediata sospensione dell'accordo quadro del 2013 su commercio e investimenti con la Birmania fino al ristabilimento di un governo "democraticamente eletto", la Francia ha denunciato "la violenza indiscriminata e omicida" del regime e ha chiesto il rilascio di "tutti i prigionieri politici", compresa Aung San Suu Kyi, ancora in isolamento. È stato il Regno Unito a chiedere una riunione di emergenza del Consiglio di sicurezza dell'Onu, che si svolgerà oggi a porte chiuse. Ma la Cina e l'India si sono rifiutate di condannare formalmente il colpo di Stato e la Russia mantiene stretti legami con la giunta militare: si dice preoccupata per il numero "crescente" dei morti, ma ha dichiarato che la Birmania resta un "alleato affidabile e un partner strategico". Il 24 marzo il Consiglio Onu aveva adottato una risoluzione sulle violazioni dei diritti umani in corso, raccomandando alle aziende presenti in Myanmar o che hanno legami di affari col paese di non svolgere alcuna attività economica che possa favorire l’esercito o le aziende da esso possedute o controllate.
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Il Giappone sospende i finanziamenti alla Birmania
Alle reazioni più dure si aggiunge quella del Giappone, uno dei principali sostenitori economici del Myanmar, che ha deciso di interrompere l'erogazione di nuovi aiuti anche se non aderisce al sistema di sanzioni imposte a livello internazionale alla giunta militare al potere dopo il colpo di Stato. Il ministro degli Esteri giapponese Toshimitsu Motegi ha detto che la sospensione dell'assistenza è un messaggio "chiaro" ai militari. Il Giappone, che ha forti legami economici con il Myanmar e rapporti di lunga data anche con i militari, aveva scelto di non adottare misure punitive in maniera diretta, ma il governo ha rivendicato di avere comunque scelto una linea di opposizione chiara attraverso la sospensione degli aiuti, che non riguarda solo i nuovi progetti ma anche quelli già avviati. Il Giappone si era già espresso nelle scorse settimane contro il colpo di stato in Myanmar ma ha subito pressioni per assumere una posizione più forte. Tokyo ha storicamente forti legami con il Myanmar, e ha sostenuto la leader Aung San Suu Kyi, che ha vissuto brevemente a Kyoto come giovane ricercatrice. Migliaia di cittadini giapponesi e diverse centinaia di società giapponesi sono basati in Myanmar, e il Giappone è il quinto più grande investitore straniero nel paese.
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