L'editoriale di Arno Widmann sul quotidiano tedesco fa discutere. Per Franceschini è un attacco alla cultura italiana, ma Saviano smentisce e intervista l'autore: "Mai detto che sia plagiatore e arrivista"
Nel giorno in cui l'Italia celebrava col Dantedì i 700 anni dalla morte di Dante Alighieri, scegliendo come data quella dell'inizio del suo viaggio tra Inferno, Purgatorio e Paradiso, una polemica è scoppiata su un articolo della Frankfurter Rundschau, autorevole quotidiano tedesco. Il commento, a firma Arno Widmann, già fondatore della Tageszeitung (Taz), è finito nel mirino per alcune affermazioni del suo autore, che ha definito "enorme" l'ego di Dante, e la Divina Commedia "una fabbrica di versi in grado di gettare sulla graticola oltre 600 persone, affinché sia chiaro ogni volta se uno fa parte dei buoni o dei cattivi".
"Una fabbrica di versi"
Secondo il giornalista tedesco, "per un’opera così non basta semplicemente essere disposto a mettere conoscenti e parenti nei gironi dell’Inferno e nelle cornici del Purgatorio", serve anche "la passione di giudicare e di condannare". Un articolo di critica letteraria, decisamente lungo, che intreccia Dante e il suo impatto sulla lingua italiana con i cantori provenzali, Thomas Stern Elliott, William Shakespeare. Un testo a tratti provocatorio che ha colpito nel bersaglio, se è vero che ha suscitato la ferma reazione del ministro Franceschini via Twitter: "Non ragioniam di lor, ma guarda e passa".
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"I primi versi volgari in provenzale"
L'autore parla dell'impatto dell'Alighieri sull'italiano ma aggiunge anche che i primi versi in volgare furono scritti in provenzale, mentre Dante, "in un certo senso avrebbe creato la lingua per la sua opera, e questa lingua divenne quella dei suoi lettori e poi quella dell'Italia...", anche se questa è "la versione abbreviata, che nessuno sostiene più oggi, ma sessant’anni fa veniva raccontata a ogni giovane studente italiano". Pure l'aldilà dantesco "è un mondo ben strano", insiste Widmann, dove "non cresce nessun albero", praticamente "un paesaggio da uffici", se non fosse "per qualche creatura mitologica e gli angeli caduti e risaliti".
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Anche Beatrice nell'occhio del ciclone
Widmann parla di Beatrice, dell'incertezza circa la sua reale esistenza, dell'assenza dai versi dell'autore della moglie e dei figli: "Per la scoperta della vita nuziale come una delle vie alla beatitudine bisognerà attendere Martin Lutero e la Riforma". E conclude con un confronto: "L’amoralità in senso filosofico di Shakespeare, la sua raffigurazione di ciò che è – anche queste tutte fantasie del poeta! –, ci sembrano anni luce più moderne dello sforzo di Dante di avere un’opinione su tutto, di sottoporre tutto al giudizio della sua morale. La sua opera monumentale serve solo a consentire al poeta di anticipare il Giudizio Universale, di fare il lavoro di Dio e di dividere i buoni dai cattivi".
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I tweet di Saviano e la replica di Widmann
Un insulto a Dante e all'Italia, come inteso da tanti? Non per Roberto Saviano (e diversi utenti Twitter che parlano tedesco), che da subito ha twittato in difesa di Widmann invitando a una lettura completa del suo articolo (qui la traduzione integrale pubblicata dal Corriere della Sera). Non secondo Widmann, intervistato sempre sulle pagine del Corriere dallo stesso Saviano: "Ho sempre amato Dante e ne ho già scritto diverse volte. Dante è il più grande esempio di poeta in esilio e la parte migliore della letteratura europea da Ovidio in poi è stata creata in esilio", le parole di Widmann, "questa reazione apre una finestra sulla mentalità italiana. Dante è una figura di identificazione, gli italiani si sentono persi e così ognuno cerca di tornare a valori certi, antichi, scolastici, di un tempo: Dante".
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