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Elezioni Usa 2020, la pandemia nella "città dei fantasmi"

Mondo
Federico Leoni

Federico Leoni

A Portland, nell'Oregon, quella dei senzatetto è sempre stata un'emergenza. Con il Covid 19 gli homeless sono aumentati ulteriormente

Sapete qual è la principale preoccupazione degli elettori dell’Oregon? Gli homeless. Suona strano, considerando che siamo nel mezzo di una pandemia globale e gli scontri razziali hanno trasformato la fisionomia di Dowtown Portland, eppure è così, almeno secondo un recente sondaggio della Oregon Public Broadcasting.  

Girando a piedi per il centro della città, effettivamente, è incredibile il numero di clochard che si incontrano: a ogni angolo un bivacco, in ogni parco una roulotte malridotta, lungo le strade una teoria ininterrotta di tende macilente. Questa città è la casa di chi non ha casa. Quasi la metà degli homeless ha problemi mentali. Il sindaco democratico Ted Wheeler, che a novembre si gioca la rielezione, ha presentato un piano per dare un tetto a chi non ce l’ha, sfruttando vecchi motel e una stazione in disuso.  

Nel 2019 i clochard in tutta la contea erano più di duemila, negli ultimi mesi sono aumentati ulteriormente e non solo per via della crisi economica legata alla pandemia. Gli incendi boschivi, una rarità da queste parti, hanno colpito duramente, lasciando senza un tetto circa quattromila famiglie in tutto lo Stato.   

L’annus horribilis dell’Oregon, d’altra parte, non ha risparmiato niente e nessuno. Nemmeno il bowling. Nelle tre contee di Washington, Clàckamas e Multnomah le strutture sono chiuse da sette mesi, e adesso rischiano il fallimento.  Milleduecento dipendenti circa, un business a conduzione familiare che passa di padre in figlio, una vera tradizione americana, sebbene il bowling sia nato in Europa.  

Possiamo resistere al massimo altri sette, otto mesi, ci dicono i gestori. Quello che non si spiegano è perché debbano rimanere chiusi quando altre attività, probabilmente più rischiose, come ristoranti e palestre, hanno potuto riaprire  

A differenza di quanto avviene in Italia, qui circa il 90 per cento dei giocatori appartiene a un club o a una lega, ha la sua attrezzatura e non ha bisogno di noleggiare né scarpe né palle: l’igiene sembra garantita. Qualcosa, lentamente, si sta muovendo, e le autorità potrebbero a breve allentare le misure in vigore. Quei birilli non resteranno in piedi a lungo. 

 

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