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Armenia e Azerbaigian annunciano una tregua umanitaria

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©Ansa

I due Paesi hanno concordato una "tregua umanitaria" a partire dalla mezzanotte tra sabato e domenica ora locale. L'annuncio è stato dato dai ministeri degli Esteri dei due Paesi in una dichiarazione congiunta. Nella notte tra venerdì e sabato, stando alla denuncia di Baku, un razzo armeno ha colpito un'area residenziale di Ganja, la seconda città azera, provocando la morte di almeno 13 civili e oltre 50 feriti

L'Armenia e l'Azerbaigian hanno detto questa sera di avere concordato una "tregua umanitaria" a partire dalla mezzanotte tra sabato e domenica ora locale. L'annuncio è stato dato dai ministeri degli Esteri dei due Paesi in una dichiarazione congiunta.

Gli ultimi scontri

Nella notte tra venerdì e sabato, stando alla denuncia di Baku, un razzo armeno ha colpito un'area residenziale di Ganja, la seconda città azera, provocando la morte di almeno 13 civili e oltre 50 feriti. Un attacco che il presidente azero Ilham Aliyev ha definito "un crimine di guerra". "L'Azerbaigian - ha tuonato nell'ennesimo discorso alla nazione - vendicherà sul campo di battaglia le vittime di Ganja. Questa vicenda mostra ancora una volta la natura fascista della leadership armena: non è la prima volta infatti che le nostre città si trovano sotto il fuoco nemico". Erevan, come da prassi, ha smentito l'attacco e, per bocca della portavoce del ministero della Difesa armeno, Shushan Stepanyan, ha invece incolpato l'Azerbaigian del bombardamento nella notte della capitale dell'autoproclamata repubblica del Nagorno-Karabakh, Stepanakert. Anche qui a farne le spese sarebbero stati dei civili.

Le accuse e le smentite

Il balletto dei numeri è intanto incessante. L'ufficio del procuratore generale dell'Azerbaigian ha riferito che dalla ripresa delle ostilità, lo scorso 27 settembre, sono morti 60 civili azeri e ben 270 sono stati feriti. I darti dei caduti militari invece sono segreti. Secondo l'Armenia, i morti sarebbero oltre 6mila. Un numero strabiliante, specie se paragonato ai 633 soldati ufficialmente caduti tra le fila dell'esercito della repubblica del Nagorno-Karabakh.

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