Prosegue il conflitto nella regione caucasica, con le bombe che da una settimana continuano a cadere mietendo vittime civili. Si tratta della peggior crisi armeno-azera degli ultimi anni. Le due ex repubbliche sovietiche hanno combattuto una sanguinosa guerra per procura negli anni Novanta, che ha causato circa 30mila morti
Prosegue senza sosta il conflitto tra Armenia e Azerbaijan in Nagorno-Karabakh. Il cessate il fuoco non è arrivato neanche durante la notte caratterizzata da altri bombardamenti sulla regione. Il controllo di questo territorio è stato la miccia che ha fatto esplodere un conflitto armato tra la maggioranza armena del Nagorno-Karabakh, sostenuta dal governo di Yerevan e la Repubblica dell'Azerbaijan tra il 1992 e il 1994. La tensione tra i due Paesi si è riaccesa lo scorso luglio alimentando quella che si sta trasformando nella peggior crisi armeno-azera degli ultimi anni.
Una guerra congelata dal 1994
L'invito della scorsa estate al cessate il fuoco e trovare una soluzione pacifica e diplomatica, arrivato da più parti a livello internazionale, è caduto nel vuoto alla luce della nuova escalation di violenza che sta caratterizzando il Nagorno-Karabakh nel Caucaso meridionale. La guerra congelata dal 1994 si è riaccesa improvvisamente verso la fine di settembre e la tensione tra Armenia e Azerbaijan non accenna a placarsi. Non sembrerebbe aver sortito alcun effetto nemmeno l'appello dell'Unione europea affinché vengano cessate tutte le ostilità. Dal canto suo, il presidente azero Ilham Aliyev ha affermato che la Turchia, considerata politicamente vicina all'Azerbaijan, dovrebbe essere più attivamente coinvolta nel processo di pace. Sulla vicenda è intervenuta anche la Corte di Strasburgo, che ha sottolineato come tutti gli Stati implicati nel conflitto, direttamente o indirettamente, debbano evitare qualsiasi azione che possa comportare una violazione dei diritti civili.
Il conflitto negli anni Novanta
Le ragioni del conflitto tra le due ex repubbliche sovietiche affondano le proprie radici nella prima metà degli anni Novanta. Oggetto della contesa la regione di Nagorno-Karabakh, che non ha sbocchi sul mare e appartiene geologicamente all'Altopiano armeno. Il controllo di questo territorio è stato la miccia che ha fatto esplodere un conflitto armato tra la maggioranza armena, sostenuta dal governo di Yerevan e la Repubblica dell'Azerbaijan tra il 1992 e il 1994. La guerra ha lasciato sul campo circa 30mila morti, dopo che i separatisti armeni hanno preso il controllo della regione azera del Nagorno-Karabakh nel 1991, poco dopo il crollo dell'Unione sovietica. Dal 1994 è in vigore un accordo di cessate il fuoco fra i due Paesi, che però non sono mai arrivati a una pace, malgrado la mediazione di Stati Uniti, Francia e Russia attraverso il cosiddetto Gruppo di Minsk.
Il nuovo scontro
Nuovi scontri tra i due Paesi sono stati registrati l'ultima volta nel 2016, senza sfociare, però, in una guerra. Diverso il discorso, invece, per il conflitto esploso a luglio 2020. Proprio in riferimento a quegli scontri, Aliyev ha minacciato l'Armenia di rappresaglie per il suo "comportamento aggressivo", accusando Yerevan di aver deliberatamente causato il fallimento dei negoziati di pace. Sulla vicenda, hanno fatto sentire la propria voce anche la Russia, che ha parlato di un inaccettabile costo, soprattutto in termini di vite umane e l'Iran che, per voce del consigliere per la politica estera Ali Akbar Velayati, ha chiesto all'Armenia la restituzione dei territori occupati dell'Azerbaijan. Intanto gli scontri non si placano e sembra lontana una soluzione pacifica di un conflitto che rischia di allargarsi anche oltre i confini della regione autonoma del Nagorno-Karabakh.