Coronavirus, in Israele il nuovo lockdown sarà di almeno tre settimane

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Lo ha annunciato il premier Benjamin Netanyahu al termine di una seduta straordinaria del governo. La quarantena inizierà venerdì 18 e potrà essere ulteriormente prolungata se i casi di Covid-19 non diminuiranno. Una decisione che ha provocato un duro scontro all'interno dell'esecutivo e ha portato alle dimissioni del ministro all'Edilizia Yacoov Litzman

Il governo israeliano ha deciso: a causa dell'aumento di casi di coronavirus (GLI AGGIORNAMENTI LIVE - LO SPECIALE) nel Paese ci sarà un secondo lockdown di tre settimane a partire da venerdì 18 settembre, con la possibilità che il provvedimento sia ulteriormente esteso. Lo ha annunciato il premier Benjamin Netanyahu al termine di una seduta straordinaria del governo. "Se ci atterremo alle regole sono fiducioso che sconfiggeremo il virus. Vedo il vaccino in arrivo", ha dichiarato il primo ministro. Una decisione che ha visto un duro scontro all'interno dell'esecutivo che, prima ancora che cominciasse la votazione, ha registrato le dimissioni del ministro all'Edilizia Yacoov Litzman.

Il governo nega di aver fallito nel contenimento della pandemia

Il premier ha dichiarato che prevedere che la quarantena "durerà almeno fino alla festa di Simchat Torah", che si svolgerà il 10 ottobre. Questo provvedimento, ha spiegato, si è reso necessario dopo che negli ospedali era stata innalzata una "bandiera rossa" dovuta alla crescente pressione sulle strutture mediche. "In pochi giorni siamo passati da 30 a 80 città rosse", ha affermato. Per limitare i danni all'economia, il settore pubblico continuerà ad operare (ma in forma ridotta) e così pure il settore privato, che però non potrà ricevere pubblico. Sarà inoltre impedito qualsiasi genere di assembramento. "Rispetto ad altre economie, quella israeliana si è contratta di meno", ha sostenuto il primo ministro. In risposta ad un'altra domanda, Netanyahu ha negato decisamente che il suo governo abbia fallito nel contenimento della pandemia. Nel Paese sono morte in totale 1.108 persone, con 153.759 casi totali registrati (dati del 13 settembre). Nelle ultime settimane è stato tra i Paesi con il maggior numero di contagi giornalieri registrati.

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Cosa prevede il lockdown

Una volta iniziata la quarantena, gli israeliani non potranno allontanarsi dalle proprie abitazioni per oltre 500 metri, verranno chiuse le scuole e così avverrà anche per tutti gli esercizi privati non indispensabili. Dato che durante le prossime settimane si festeggeranno alcune ricorrenze religiose molto importanti, le preghiere potranno essere tenute solo all'aperto o in spazi ritenuti idonei dalle autorità sanitarie. Quelle per il Capodanno ebraico (il 18 settembre) e per il successivo digiuno del Kippur si svolgeranno in forma molto ridotta. Saranno però aperti i supermercati, viste le festività religiose, e consentite le consegne a domicilio. Ci saranno restrizioni per gli assembramenti: al massimo 10 persone al chiuso e 20 all'aperto. Chiusi anche gli hotel e i centri commerciali.

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Si dimette il ministro all'Edilizia

Israele ha registrato un netto aumento dei contagi, che hanno superato anche i 4mila al giorno e vari responsabili di ospedali, come ha ricordato Netanyahu, hanno messo in guardia che le strutture potrebbero presto raggiungere una saturazione e le ricadute sarebbero pesanti. Tra i più decisi nel sostenere il ricorso al lockdown è stato il ministro della Sanità Yuli Edelstein che, insieme al Commissario alla malattia Ronni Gamzu, ha dovuto faticare non poco per superare le barriere innalzate dai religiosi ma anche da altri ministri come quello delle Finanze, Israel Katz, che ha ammonito sulle ricadute del blocco sull'economia calcolate in circa 5 miliardi di euro. Lo scontro nell'esecutivo sul lockdown è sfociato anche nelle dimissioni del ministro all'Edilizia. il religioso Yacoov Litzman, che ha anche annunciato che il suo partito, Torah Unita, potrebbe abbandonare la coalizione. Litzman nella lettera di dimissioni, ha sottolineato che il lockdown impedirebbe agli israeliani - compresi quelli meno religiosi - di partecipare alle funzioni del Capodanno ebraico e di Yom Kippur.

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