Uber in crisi, licenziati altri 3000 dipendenti

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L'app per auto con conducente chiude 45 uffici e taglia altri posti di lavoro dopo i 3.700 annunciati la scorsa settimana, con l'obiettivo di contrastare i danni economici dovuti all'emergenza coronavirus

Uber sceglie la strada dei licenziamenti nel tentativo di superare la crisi economica dovuta al coronavirus (TUTTI GLI AGGIORNAMENTI - SPECIALE). Scatta un taglio di altri 3000 posti di lavoro e la chiusura di 45 uffici in tutto il mondo, dopo i 3700 licenziamenti annunciati la scorsa settimana. Una mossa drastica annunciata dall'amministratore delegato Dara Khosrowshahi, dovuta al pesante calo del giro di affari nel settore del noleggio auto.

 

Forza lavoro di Uber ridotta del 25%

La compagnia di San Francisco ha già tagliato un quarto della propria forza lavoro dall'inizio del 2020, nel tentativo di riposizionare il proprio business nei settori del trasporto persone e della consegna del cibo a casa. Annunciata anche la chiusura di una struttura dedicata all'intelligenza artificiale e del suo incubatore di prodotti.

 

Noleggi crollati dell'80% ad aprile 2020

A pesare in modo decisivo sulle scelte dell'azienda è stato il crollo dei viaggi in auto con Uber, -80% durante il mese di aprile rispetto allo stesso periodo del 2019. Il gruppo ha perso 2,9 miliardi di dollari nei primi tre mesi del 2020 a causa del calo d'affari per la pandemia da coronavirus, perdite comuni a tutto il settore della sharing economy , colpita dal lockdown e dalla diffidenza dei potenziali clienti nell'utilizzo dei servizi di mobilità condivisa con il persistente rischio di contagio. Tutto ciò ha portato alla sempre maggiore importanza della costola dell'azienda dedicata alle consegne di cibo in casa, Uber Eats, come confermato dall'ad Khosrowshahi. Uno dei settori su cui l'azienda continua a puntare per poter sopravvivere alla crisi economica.

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