Kabul rispetta così una della condizioni poste dall’accordo tra Usa e talebani il 29 febbraio. I talebani avevano già accettato di liberare 1.000 prigionieri afghani. I detenuti saranno rilasciati solo dopo aver sottoscritto l'impegno a non tornare mai più in guerra
Il presidente afghano Ashraf Ghani ha firmato un decreto che prevede la grazia e la liberazione di prigionieri talebani dalle carceri del Paese in vista dell'inizio dei negoziati di pace con le forze talebane. Lo ha detto il portavoce presidenziale, Sediq Sediqqi. "Il presidente Ghani ha emesso un decreto per rilasciare 5.000 prigionieri talebani a partire da sabato sulla base di un elenco di nomi fornito dai talebani", scrive su Twitter l'inviato speciale Usa Zalmay Khalilzad, "i talebani avevano già accettato di liberare 1.000 prigionieri afghani". Inizialmente il presidente Ghani aveva respinto questa richiesta, una delle condizioni poste nell'ambito dei negoziati avviati dopo lo storico accordo raggiunto tra Usa e talebani, siglato a Doha il 29 febbraio. Nella prima parte del decreto, resa nota oggi ai media, si legge che i prigionieri saranno rilasciati solo dopo aver sottoscritto l'impegno a non tornare mai più in guerra. La decisione del presidente arriva dopo che i talebani avevano interrotto i colloqui, inizialmente previsti ieri, fin quando i prigionieri non fossero stati rilasciati. Intanto, mentre è iniziato il ritiro delle truppe statunitensi dal Paese, il Consiglio di sicurezza dell'Onu ha approvato all'unanimità una risoluzione in cui sostiene l’intesa raggiunta.
Le richieste dei talebani
Il portavoce dei talebani in Qatar, Suhail Shaheen, ha dichiarato ieri in un tweet: "Abbiamo consegnato al team americano un elenco dettagliato di cinquemila nomi non modificabile. Inoltre gli stessi prigionieri dovranno essere controllati da noi, sia che ci vengano consegnati in un'area all'aperto sia nei locali delle carceri". Si prevede per oggi l'annuncio da parte del governo afghano dei componenti della squadra incaricata dei negoziati di pace. Alcuni afgani appoggiano la decisione del presidente, considerata una svolta nei colloqui di pace che segneranno la fine della violenza nel Paese. Ma la Commissione indipendente per i diritti umani in Afghanistan (AIHRC) ha affermato che il presidente non ha l'autorità di rimettere in libertà persone che sono state accusate di crimini di guerra o contro l'umanità.
Il ritiro delle truppe statunitensi
A dieci giorni dall’accordo è iniziato anche il ritiro delle truppe americane dall'Afghanistan, un altro passo verso la fine di una guerra avviata all'indomani degli attentati dell'11 settembre 2001 e durata oltre 18 anni. Washington ha annunciato di aver iniziato la riduzione della sua presenza militare nel Paese, quel taglio da 12.000 a 8.600 soldati entro 135 giorni dalla firma. I primi movimenti nelle ultime ore hanno riguardato la base militare di Lashkar Gah, capoluogo della provincia meridionale di Helmand, e un'altra base della provincia orientale di Herat. In base all'accordo raggiunto in Qatar, entro metà luglio verranno chiuse 20 basi, con il ritiro americano che dovrà essere completato entro 14 mesi.
La tensione politica
La decisione americana di avviare il ritiro delle truppe arriva mentre a Kabul è in corso un vero e proprio braccio di ferro politico dopo le recenti elezioni, all'indomani della cerimonia di insediamento del presidente uscente Ashraf Ghani a cui il rivale Abdullah Abdullah ha a sua volta risposto autoproclamandosi presidente. Un caos istituzionale che rende quanto mai incerto il futuro dei negoziati tra Kabul e talebani. Non a caso il segretario americano Mike Pompeo nelle ultime ore ha lanciato un monito affinché nessuna delle parti pensi di ricorrere all'uso della forza per risolvere le controversie. E un appello perché si arrivi alla formazione di un governo inclusivo di unità nazionale.