Il 12 dicembre l'Algeria va al voto in un clima di forti proteste
MondoIl Paese è chiamato ad eleggere il successore di Bouteflika, che si è dimesso lo scorso aprile dopo 20 anni di presidenza. I cinque candidati, però, fanno tutti parte del vecchio establishment politico. Dalle opposizioni si moltiplicano gli inviti a disertare le urne
Doveva essere il primo passo verso una nuova era politica e invece le elezioni presidenziali che si terranno il prossimo 12 dicembre in Algeria rischiano di inasprire ancora di più gli animi. Il voto, infatti, arriva in un momento di pesanti contestazioni con i manifestanti che continuano a chiedere ampie riforme e un rinnovamento sostanziale dell'establishment politico prima di procedere ad elezioni. Richiesta che, però, non è stata accolta dal vero 'uomo forte' del Paese, il capo di stato maggiore dell'esercito, il generale Ahmed Gaid Salah. Quest'ultimo, sull'onda delle proteste di piazza, lo scorso aprile ha contribuito alla caduta dell'82enne presidente Abdelaziz Bouteflika, e ha spinto affinché si votasse entro la fine dell'anno. Dei cinque candidati per la presidenza però, quattro sono ex ministri di Bouteflika (rimasto in carica per venti anni), e il quinto è il segretario di uno dei partiti che faceva parte della coalizione al potere. Quindi nessun esponente dell’opposizione, né tanto meno dei movimenti che hanno alimentato le proteste di piazza degli ultimi tempi, avrà la possibilità di farsi eleggere. Ragione per la quale, anche in queste ore, le manifestazioni di dissenso vanno avanti e si moltiplicano gli inviti a boicottare il voto. Al momento, anche a causa della probabile bassissima affluenza, nessuno dei candidati sembra essere in vantaggio.
I cinque candidati in corsa
L'Algeria è una repubblica presidenziale, dove il capo dello Stato viene eletto direttamente ed esercita il potere esecutivo insieme al primo ministro. La decisione di chi potrà correre per le elezioni del 12 dicembre è stata presa dall’Autorità elettorale nazionale indipendente (Anie), che ha reputato ammissibili solo 5 candidature su 22. Potranno quindi aspirare alla massima carica dello Stato: i due ex primi ministri Abdelmadjid Tebboune e Ali Benflis, l'ex ministro della cultura Azzedine Mihoubi, l'ex ministro del turismo Abdelkader Bengrina e Belaid Abdelaziz, capo del partito El Moustakbel (Futuro), una delle formazioni che componevano la coalizione di governo insieme al Fronte di Liberazione Nazionale (Fnl), partito di Abdelaziz Bouteflika. Tra i candidati, Bengrina è l’unico islamista moderato in corsa perché le altre correnti hanno deciso di non partecipare al voto.
Tensioni durante la campagna elettorale
La campagna elettorale è durata solo qualche settimana ed è stata quasi del tutto ignorata dalla popolazione. Spesso, anzi, i comizi sono stati l'occasione per i contestatori di dare voce al proprio malcontento. Intanto, lo scorso 6 dicembre è andato in scena il 42esimo venerdì consecutivo di mobilitazione popolare. Le proteste, infatti, non accennano a diminuire nonostante l'evidente repressione messa in atto dalle forze armate e dalle forze dell'ordine. Secondo Amnesty International negli ultimi mesi, utilizzando motivazioni pretestuose, sono stati effettuati arresti di massa, sgomberi di manifestazioni pacifiche e procedimenti giudiziari nei confronti di decine di attiviste e attivisti.
Le rassicurazioni da parte del governo
Mentre nelle piazze monta la protesta, dalle sedi istituzionali arrivano messaggi distensivi nella speranza che il voto, attraverso una partecipazione sufficiente, possa legittimare la nuova presidenza. Lo scorso 7 dicembre il ministro degli Esteri, Sabri Boukadoum, durante un viaggio a Roma ha dichiarato: "Per la prima volta le elezioni in Algeria avranno una autorità indipendente, saranno trasparenti ed eque". Aggiungendo: "Durante l'estate abbiamo fatto di tutto per dialogare con la società civile, perché questa è la soluzione migliore. Qualunque cosa accada alle prossime elezioni, vogliamo che l'Algeria sia così com’è: un paese aperto al dialogo". Sulla stessa lunghezza d'onda anche il generale Salah, che ha definito il voto del 12 dicembre "una scadenza cruciale ed importante che sarà, con l'aiuto di Allah, una festa elettorale attraverso la quale la volontà popolare sarà attuata".