Un’Argentina in piena crisi va al voto: in vantaggio il peronista Fernández

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Daniele Brunetti

Il favorito Alberto Fernández, che corre in ticket con l'ex presidente Cristina Fernández de Kirchner (Getty Images)

Il Paese, stretto in una forte crisi economica che sta comportando un aumento del tasso di povertà, dovrà scegliere il nuovo presidente e buona parte dei parlamentari. Il principale sfidante dovrebbe riuscire a battere il capo dello Stato uscente, Macri, al primo turno

Il 27 ottobre, a due mesi e mezzo dalle elezioni primarie ('Pasos') dello scorso agosto, l'Argentina torna al voto per eleggere il presidente della Repubblica, la metà dei deputati e un terzo dei senatori (l'ordinamento argentino prevede il rinnovo di metà dei seggi ogni due anni). I 33,8 milioni di elettori dovranno decidere a chi affidare le sorti di un Paese che, dopo la pesantissima crisi economica del 2001, sta attraversando di nuovo un momento di forte difficoltà con il debito pubblico alle stelle, il Pil in calo e la povertà in aumento. Il candidato che ha più possibilità di diventare il nuovo inquilino della Casa Rosada è Alberto Fernández, che corre in ticket con l'ex presidente Cristina Fernández de Kirchner. L'esponente peronista di centro-sinistra ha vinto le primarie con il 48,86% e se domenica riuscisse a confermare il medesimo risultato diventerebbe capo dello Stato già al primo turno. Un’eventualità che cercherà di evitare il presidente uscente, il conservatore Mauricio Macri, sul quale però grava la responsabilità della negativa situazione economica del Paese. Il capo dello Stato in Argentina guida anche l'Esecutivo e tra le sue prerogative rientra anche la possibilità di nominare il Consiglio dei Ministri.

"Sì, se puede!"

L’opinione pubblica lo scorso agosto ha pesantemente penalizzato Macri che, con la lista 'Juntos por el cambio', 'Insieme per il cambiamento', ha raccolto solo il 33,27%. Eletto nel 2015, l'ex presidente del Boca Junior è stato il primo presidente democraticamente eletto che non appartiene né al partito peronista né alllo schieramento centrista Unión Cívica Radical (UCR). Per riuscire a raggiungere il ballottaggio (eventualmente previsto per il 24 novembre), Macri dovrà ridurre il divario che ad agosto si è attestato oltre i 16 punti. Secondo la legge elettorale argentina, per essere eletto, il candidato presidente deve ottenere il 45% delle preferenze o il 40% ma con almeno 10 punti di vantaggio sul secondo. Negli ultimi due mesi di campagna elettorale Macri ha lanciato lo slogan "Sì, se puede!" (Sì, si può!), per convincere i propri sostenitori che si possa ancora riuscire nell'impresa di recuperare punti e impedire la vittoria di Fernández.

Le difficoltà economiche e il rischio autoritarismo

Durante il suo mandato Macri ha promosso rigide politiche fiscali per cercare di contenere il debito, misure che hanno contribuito a far diminuire la sua popolarità e non hanno dato i risultati sperati nell'economia reale. Secondo le ultime previsioni del Fondo Monetario Internazionale (Fmi), il Pil è previsto in caduta del 3,1% e l’inflazione è data al 57,3%. Inoltre l'indice di povertà della popolazione ha raggiunto il 35,4% alla fine del primo semestre del 2019. Per far fronte a queste emergenze, di recente Macri ha fatto varare misure in favore del lavoro e di riduzione delle tasse, e negli ultimi comizi ha promesso: "Adesso arriverà una fase di crescita, di miglioramento salariale, di sollievo". In campagna elettorale non ha risparmiato gli attacchi a Fernández, che secondo il presidente, durante i due mandati Kirchner, non avrebbe fatto nulla per evitare la corruzione, nonostante ricoprisse l'incarico di Capo del Gabinetto dei ministri. Inoltre, per Macri, il candidato peronista ha una forte propensione all'autoritarismo e rappresenterebbe un pericolo per l'Argentina.

Fernández avanti nei sondaggi

Di contro Alberto Fernández, con la lista 'Frente de todos' ('Fronte di tutti') durante la campagna elettorale ha cercato di cavalcare i temi che gli hanno permesso di guadagnare quasi il 50% alle elezioni primarie. Il candidato peronista imputa le responsabilità della crisi economica al governo in carica, e si propone di intervenire sulla povertà, aiutando le fasce più in difficoltà della popolazione, e di rinegoziare il debito che grava sulle casse pubbliche. A tal proposito Fernández ha dichiarato di voler ridiscutere il maxi prestito di oltre 56 miliardi di dollari ottenuto dal Fmi proprio dal presidente Macri. A pochi giorni dal voto, queste promesse sembrano aver sortito i risultati sperati: secondo tutti i sondaggi, infatti, il ticket peronista è dato oltre il 50%, con il presidente uscente che oscilla tra il 31 e il 35%.

Gli altri candidati

Alle elezioni presidenziali partecipano altri quattro candidati, che sono riusciti a superare la soglia di sbarramento delle elezioni primarie. Dietro a Fernández e Macri in termini di consenso, c’è Roberto Lavagna, il 77enne candidato di 'Consenso federal', che si propone come un'alternativa ai due favoriti ma che il 27 ottobre dovrebbe rimanere al di sotto del 10%. Alle sue spalle il 'Frente de izquierda' di Nicolas del Cano, il 'Frent Nos' dell'ex militare Jose Gomez, e Jose Luis Espert di 'Unite Frente Despertar'.

Peso in caduta libera

In questi ultimi giorni prima del voto, un ulteriore fattore di tensione è rappresentato dalla costante caduta del valore del peso argentino nei confronti del dollaro. Il 25 ottobre la valuta statunitense ha guadagnato 50 centesimi arrivando a 62,87 contro la moneta argentina. Si tratta del 13esimo incremento consecutivo del biglietto verde, considerato dagli argentini il massimo bene rifugio. Durante la campagna elettorale, Fernández ha invitato i risparmiatori a mantenere la calma: "State tranquilli, perché proteggeremo i vostri risparmi e rispetteremo i vostri depositi in dollari".

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