Johnson voleva rivotare oggi, ma Bercow ha rifiutato a causa dell’emendamento approvato sabato: prima deve essere varato il pacchetto di leggi attuative tecniche sull’uscita. Il premier: non rispettata volontà popolare. Primo passo formale dell’Ue per chiudere intesa
Non ci sarà, almeno per oggi, un nuovo voto del Parlamento britannico sull’accordo riguardo alla Brexit raggiunto da Boris Johnson (CHI È) con Bruxelles. A deciderlo è stato John Bercow, speaker della Camera dei Comuni: ha respinto la mozione del governo Tory per rimettere l'intesa ai voti oggi, dopo il rinvio di sabato a causa di un emendamento. Il premier britannico si è detto "deluso" dalla scelta di Bercow e ha tuonato: "Ha negato la chance di attuare oggi la volontà del popolo britannico" espressa nel referendum del 2016. Intanto, il Consiglio dell'Ue ha annunciato in una nota di aver mosso "il primo passo formale per portare a termine l'accordo di divorzio” (LE TAPPE).
Il no dello speaker al nuovo voto sull’accordo
Ai Comuni, quindi, si è consumata l’ennesima battaglia per la Brexit. Il premier britannico Boris Johnson ha riproposto il voto sul deal. Voto che era stato rinviato sabato dopo l’approvazione di un emendamento, promosso dal dissidente Tory Oliver Letwin, che impone prima il varo di un pacchetto di leggi attuative tecniche sulla Brexit. Lo speaker Bercow non ha ammesso la votazione chiesta da Johnson proprio perché ha ritenuto che l'istanza del governo fosse una ripetizione rispetto a sabato e perciò non potesse essere riproposta nella stessa forma.
Cosa succede adesso?
A questo punto per il governo britannico è corsa contro il tempo per far approvare entro questa settimana le leggi attuative dell'uscita dall'Ue - l'esecutivo ha messo in calendario il pacchetto a partire da oggi in prima lettura - e ripresentare il deal subito dopo in un contesto nuovo. L’alternativa è un rinvio o il no deal. Il governo Johnson, in realtà, resta impegnato a ottenere l'approvazione del Parlamento in tempo per consentire al Regno Unito di uscire dall'Ue "il 31 ottobre". A ribadirlo è stato il ministro per la Brexit Stephen Barclay. Il tutto, malgrado la proroga che il premier è stato costretto a chiedere a scopo cautelare ai 27 in base al Benn Act: la legge anti-no deal approvata il mese scorso dai suoi oppositori a Westminster. Barclay ha insistito che il deal può essere ratificato in fretta e che anche le leggi attuative dell'uscita dall'Ue possono essere approvate entro fine mese. Poi ha accusato le opposizioni, Labour in testa, di non volere correggere in realtà il deal con i loro emendamenti, ma "fermare la Brexit in quanto tale", a dispetto del voto popolare del referendum 2016.
Primo passo formale dell’Ue per chiudere l’intesa
Intanto, la Commissione europea ha fatto sapere di seguire "molto da vicino gli eventi a Londra" e che "non ha da annunciare nuovi contatti" tra il presidente Jean-Claude Juncker e il premier Johnson. Il Consiglio dell'Ue, poi, ha annunciato in una nota di aver mosso "il primo passo formale per portare a termine l'accordo di divorzio" sulla Brexit: sono stati adottati "la decisione sulla firma dell'accordo di recesso e la bozza adattata delle conclusioni del Consiglio, che ora sarà inoltrata al Parlamento europeo" per ottenerne il consenso. Il leader del Consiglio europeo Donald Tusk sta facendo un giro di consultazioni con le capitali dei 27 sull'eventualità di una proroga per la Brexit. L'amministrazione francese del presidente Emmanuel Macron ha già ribadito che un eventuale nuovo rinvio "non è nell'interesse di nessuno".