Regna ancora l’incertezza sul travagliato percorso che dovrebbe portare alla Brexit. Come previsto, il Parlamento britannico ha respinto per la seconda volta – con un voto avvenuto in nottata - la mozione voluta dal premier Boris Johnson per andare a elezioni anticipate il 15 ottobre. La Camera dei Comuni l'ha bocciata con 293 sì contro 46 no e numerosi astenuti (la settimana scorsa c'erano stati 298 sì e 56 no). E Westminster, come voluto da una controversa decisione di Johnson, chiude ora i battenti per cinque settimane, fino al 14 ottobre. La sospensione lascia il Regno Unito nell’impasse, ma la bocciatura della mozione per andare a nuove elezioni è un successo per le opposizioni, che volevano prima far passare il 31 ottobre, giorno previsto dell’uscita del Regno Unito dall’Ue, per scongiurare il No Deal. A tutto questo si aggiungono le dimissioni dello speaker della Camera dei Comuni, John Bercow, annunciate in Aula in aperta polemica con il premier (DA NO DEAL A BACKSTOP, LE PAROLE DELLA BREXIT).
Johnson: negozierò con l’Ue ma nessun rinvio oltre il 31 ottobre
L’obiettivo di Johnson di indire nuove elezioni è quindi rinviato ormai almeno a novembre, come il premier ammette. Il premier ha reagito alla sconfitta in Parlamento accusando gli oppositori di volersi sottrarre al giudizio "del popolo sovrano" per "paura" di perdere, e avvisandoli di non potere sfuggire a lungo alla resa dei conti. Johnson ha quindi ribadito l'impegno a cercare un nuovo accordo di divorzio con Bruxelles entro il Consiglio Europeo del mese prossimo, ma senza alcuna disponibilità a cercare alcuna proroga oltre il 31 ottobre. La data resta infatti per il premier invalicabile, nonostante l’entrata in vigore definitiva della legge anti-no deal approvata per obbligarlo a quel rinvio che egli continua a escludere.