Hong Kong, Lam ritira legge estradizioni: "Pechino ha capito". Critiche dei manifestanti

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La governatrice di Hong Kong Carrie Lam (Ansa)

Dopo tre mesi di proteste, la governatrice ha ceduto, sostenendo che il ritiro formale è stato "sostenuto" anche dalla Cina. Nessuna apertura è invece arrivata sulle altre richieste dei manifestanti, che dicono: "Troppo poco e troppo tardi"

Dopo quasi tre mesi di proteste sfociate in durissimi scontri con la polizia, la governatrice di Hong Kong Carrie Lam ha ceduto, ritirando la legge sulle estradizioni in Cina. Ma ai manifestanti non basta: "Troppo poco e troppo tardi", affermano. Sul ritiro formale del contestato provvedimento, secondo Lam, "non è corretto dire che ci sia stato un ripensamento": il 15 giugno, ha detto la governatrice di Hong Kong, "avevo detto che la proposta era congelata". Poi "ho ribadito che era morta" per la prossima fine della legislatura. Negli incontri avuti coi gruppi della società "mi è stato consigliato di creare le basi per il dialogo". Ecco spiegato il ritiro: "Abbiamo riferito il nostro punto di vista al governo centrale (Pechino, ndr) che ci ha capito e sostenuto".

Nessuna apertura sulle altre richieste dei manifestanti

Secondo la governatrice, il ritiro formale della legge sulle estradizioni in Cina è "un primo passo per rompere lo stallo nella società", con l'auspicio di "trovare una via d'uscita". Ed è comunque parte di un piano di quattro punti lanciato il 4 settembre, che include anche l'incontro immediato con le diverse categorie e i numerosi rappresentanti della società. Lam, tuttavia, non ha fatto aperture sulle altre richieste avanzate dai dimostranti: "È ovvio per molti di noi, che il disappunto della società va oltre la legge", ha osservato, citando questioni politiche, economiche e sociali, inclusa la carenza di abitazioni e di suolo. "Possiamo discutere di tutto nella nostra piattaforma di dialogo che sarà costituita", ha poi precisato. La governatrice ha rivendicato anche la paternità della decisione che non è stata presa in Cina. Ha ricordato prima il suo congelamento e poi la dichiarazione di "morte" per la scadenza prossima della legislatura: per questo, il ritiro formale "non fa molta differenza nella sostanza". Quanto ai rapporti con Pechino, "ci hanno sostenuto in tutti i modi", ha rilevato, rimarcando che dal governo centrale c'è il "rispetto del principio 'un Paese, due sistemi'", lo schema che regola i rapporti tra la Cina e la ex colonia britannica.

Insoddisfatti i manifestanti

Intanto, i manifestanti sembrano decisi a portare avanti le mobilitazioni. Dai commenti sui social media è emersa la delusione per una mossa "tardiva" e insufficiente che elude le altre richieste. "Troppo poco, troppo tardi", ha scritto su Twitter Joshua Wong, bocciando l'offerta prima ancora che fossero completi i suoi contorni. "Di fronte alla brutalità della polizia la gente di Hong Kong continuerà la protesta", ha detto da Taiwan, dove l'ex leader del movimento degli ombrelli del 2014 è in visita. Il Civil Human Rights Front, il gruppo che ha mobilitato fino a due milioni di persone, ha messo in guardia dall'"errore di valutazione politica" in assenza di una visione complessiva. La risposta "è una buona partenza", ma nessuno potrebbe accettare che si trascuri il resto, ha commentato il leader Jimmy Sham, anticipando un nuovo raduno entro fine mese. "La campagna non finirà", ha promesso anche Kex Leung, presidente dell'associazione degli studenti della Education University. "Non credo che il movimento si placherà in un istante. Non credo che la Lam abbia scelto una buona tempistica perché è troppo poco e troppo tardi". Le ferite stanno "ancora sanguinando, la Lam non può pensare di cancellare la legge. Il gesto è insufficiente", ha commentato Claudia Mo, deputato pan-democratico. Mentre Joshua Wong si è appellato alla cancelliera Angela Merkel, chiedendo il suo sostegno in vista della visita in Cina di venerdì e sabato prossimi.

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