Elezioni in India, in 900 milioni alle urne: sfida a due tra Narendra Modi e Rahul Gandhi

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Pietro Adami

A sinistra Narendra Modi, a destra Rahul Gandhi (Ansa)

Dall’11 aprile fino al 19 maggio gli indiani sono chiamati a rinnovare i 543 seggi della Camera Bassa. Saranno le elezioni più estese che si sono mai tenute. I maggiori contendenti sono il Partito del Popolo Indiano, attualmente al governo, e il Partito del Congresso

Dall’11 aprile fino al 19 maggio si svolgono le elezioni generali in India. Oltre 900 milioni di cittadini sono chiamati alle urne per rinnovare i 543 seggi del Lok Sabha, la Camera Bassa, che costituisce, in pratica, il Parlamento indiano: si terranno in sette successive tornate, in ciascuna delle quali saranno chiamati a votare alcuni dei 29 Stati indiani. Saranno le elezioni più estese mai tenutesi al mondo. In totale, verranno allestiti un milione di seggi. Saranno circa 8mila i candidati, ma la sfida elettorale sarà sostanzialmente tra due leader: da una parte l’attuale primo ministro Narendra Modi, leader del Bjp (Bahratiya Janata Party – Partito del Popolo Indiano), dall’altra Rahul Gandhi, Presidente dell’Inc (Indian National Congress).

Il nazionalismo di Modi

Modi arriva dal trionfo elettorale del 2014, quando è riuscito a conquistare 282 seggi (31% dei consensi). "Un'India determinata, un'India più potente", è il titolo del programma elettorale del suo partito, che è una costola della potente organizzazione nazionalista hindu, Rashtriya Swayamsevak Sangh (Rss). Tra i punti salienti, la costruzione, in tempi rapidi, del tempio dedicato a Ram nel sito di Ayodhya (dove sorgeva dal sedicesimo secolo una moschea moghul, distrutta da estremisti indù nel 1992), una ferma lotta al terrorismo, oltre all'impegno per far diventare l'economia indiana la terza più forte del mondo entro il 2030. Il partito arancione promette anche la cancellazione dell'articolo 35A della Costituzione indiana che garantisce al Jammu&Kashmir lo statuto di regione speciale, investimenti per migliorare le condizioni di vita degli agricoltori e per far raddoppiare i loro guadagni entro tre anni, oltre alla pensione per tutti i contadini sopra i 60 anni. In tema di sanità, promette la realizzazione di 75 nuove facoltà di Medicina in tutto il Paese.

Le promesse di Rahul Gandhi

Sull’altro fronte, invece, Rahul Gandhi, raccogliendo il testimone dalla madre Sonia, ha provato a ristrutturare e rinnovare un partito, l’Inc, completamente annientato dopo le Parlamentari di cinque anni fa, quando è riuscito a ottenere solo il 19,31% dei voti. Prosperità e benessere: questi i temi centrali del programma elettorale. Tra i punti principali: l'aumento dell'occupazione; il reddito minimo garantito per il 20% delle famiglie più povere; quote rosa del 33% al Parlamento, la revisione di alcune leggi sul lavoro femminile, la creazione di un'agenzia speciale di investigazione sui crimini contro le donne e i bambini; la cancellazione dei debiti dei contadini e un impegno per lo sviluppo dell'agricoltura; la modifica del sistema di tassazione; riforme elettorali, tra cui la regolamentazione del finanziamento ai partiti e l'aumento dei controlli sul voto elettronico; la revisione di alcune leggi in direzione più garantista e rispettosa dei diritti dei cittadini; un impegno anticorruzione.

Gli altri candidati

Un ruolo forse decisivo, aldilà dei due maggiori contendenti, sarà quello dei partiti regionali che hanno deciso di rimanere fuori dalle alleanze politiche che fanno capo al Bjp e al Partito del Congresso, rispettivamente la National Democratic Alliance (Nda) e la United Progressive Alliance (Upa). Uno dei partiti rimasti esterni è il Samajwadi Party (Sp), guidato da Akhilesh Yadav. L’Sp è un forte partito dello stato dell’Uttar Pradesh che ha la sua base elettorale tra le caste basse della società hindu e tra i musulmani. C’è poi il Bahujan Samaj Party (Bsp) di Mayawati, la più importante leader dei dalit (“intoccabili”) indiani. Infine, il Trinamool Congress di Mamata Banerjee, la donna che guida il governo del West Bengal dal 2011, anno in cui ha messo fine a 35 anni di governo ininterrotto delle sinistre in questo stato dell’India orientale.

La tensione con il Pakistan

La campagna elettorale è stata segnata dalla più grave crisi diplomatica con il Pakistan dal 1971. Il nodo della contesa è sempre lo stesso: il Kashmir, lo Stato a maggioranza musulmana di cui entrambi i Paesi amministrano una parte. Il 14 febbraio un attacco-kamikaze ha causato 42 vittime tra le forze di sicurezza indiane nel Kashmir. Per tutta risposta, New Delhi ha inviato cacciabombardieri in Pakistan, colpendo il villaggio di Kotli e provocando circa 350 vittime.

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