Brexit, May: "Non c'è consenso per terzo voto su accordo, no a referendum bis"

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La premier ammette a Westminster il suo scetticismo, dopo le due bocciature da parte del Parlamento, e ribadisce la volontà del governo di voler tener fede alla prima consultazione. Corbyn: "Mette in imbarazzo il Paese". L'Ue: "No deal sempre più probabile"

La premier Theresa May è "scettica" sul terzo voto sull'accordo Brexit raggiunto con Bruxelles. Dopo le due bocciature da parte del Parlamento britannico, l'intesa non ha ancora "un consenso sufficiente" ai Comuni. È la stessa May ad averlo ammesso nel suo intervento di oggi a Westminster. Dopo il rinvio concesso dall'Ue, si è aperta un'altra settimana chiave per provare a uscire dallo stallo. Ma May ha ribadito che la posizione del governo britannico contro un secondo referendum sulla Brexit non cambia, malgrado la manifestazione di un milione di sostenitori pro Remain a Londra (FOTO) di sabato scorso. "La posizione del governo è che bisogna attuare il risultato del primo referendum", ha detto la premier. (BREXIT, PAURE E SPERANZE LUNGO IL TAMIGI - REPORTAGE)

Tempo ai deputati per discutere proposte di piani B

La premier si è impegnata a continuare a cercare questo consenso, ma anche a lasciare "tempo" ai deputati per discutere e votare proposte di piani B. La premier nutre dubbi anche sull'esito positivo dei "voti indicativi" su altri progetti e annunciato l'opposizione del governo all'emendamento che mira a passare il controllo dell'iter al Parlamento. May, a Westminster, ha insistito che laddove il Parlamento non fosse in di grado approvare un accordo su una diversa Brexit o su un secondo referendum, come non è stato in grado finora, l'Ue non concederà una proroga più lunga rispetto a quella fissata (fino al 22 maggio con la ratifica dell'accordo esistente, fino al 12 aprile senza). E che in quel caso lo scenario di un "no deal", pur rigettato a grande maggioranza dai Comuni medesimi, resterebbe di sfondo come epilogo automatico.

May: "Non posso impegnare governo per piano non negoziabile"

Per ciò che riguarda le proposte alternative al suo piano, May ha chiarito che il governo "non può dare assegni in bianco" e impegnarsi in anticipo a sposare qualunque piano B. "Non posso impegnare il governo ad attuare un piano che fosse non negoziabile" con Bruxelles, ha sottolineato, non senza ripetere ancora una volta d'essere in ogni caso contraria a revocare la Brexit, poiché si tratterebbe di un tradimento della volontà popolare espressa nel referendum del 2016.

Corbyn: "Posizione del governo imbarazzo per il Paese"

Secondo Jeremy Corbyn, leader del partito laburista, il rifiuto della premier May di considerare il suo accordo sulla Brexit "morto", malgrado l'ammissione che non abbia "ancora i numeri" per essere ratificato, è diventato "un motivo di imbarazzo" per il Paese. "E' tempo che il Parlamento prenda il controllo", ha aggiunto Corbyn dicendosi convinto che esista "un piano B", auspicato sia dai sindacati sia dalla Confindustria, in grado di ottenere il sostegno della Camera. Corbyn ha poi annunciato l'ok del Labour all'emendamento di un deputato Tory pro Remain - osteggiato dalla premier - favorevole a consentire al Parlamento di prendere il controllo attraverso una serie di "voti indicativi" su proposte alternative al piano May sulla Brexit.

La Commissione Ue: "No deal sempre più verosimile"

Sul fronte Ue, nonostante il commissario agli Affari economici e alla fiscalità Pierre Moscovici si sia detto fiducioso ("Sono convinto che possiamo evitare una Brexit senza accordo e penso che la eviteremo", ha detto), la Commissione Ue ha annunciato che alla luce di "rischi di uno scenario di no deal sempre più verosimili", l'Ue e gli Stati membri hanno sostanzialmente "completato" la preparazione in caso di un'uscita traumatica dall'Ue della Gran Bretagna. Bruxelles ha spiegato che quasi tutte le misure legislative (17 su 19) sono già state adottate e le rimanenti dovrebbero esserlo "rapidamente". 

I Paesi Ue pronti al no deal

Anche i 27 Paesi , dopo le missioni compiute in ogni Stato membro dai vertici di Bruxelles, sono sostanzialmente "pronti", assicurano fonti Ue, con i Paesi più esposti quali Francia, Olanda, Belgio, Irlanda ma anche Spagna e Danimarca che hanno approntato checkpoint con controlli alle frontiere, in particolare per le merci agroalimentari, assumendo nel complesso un paio di migliaia di nuove guardie. Le misure adottate dall'Ue per evitare i maggiori danni nel trasporto aereo, ferroviario, stradale e marittimo, commercio, pesca, Erasmus, mobilità dei cittadini e fondi Ue sono - si sottolinea a Bruxelles - "unilaterali, limitate nel tempo, e non sostituiscono l'accordo di divorzio".

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