Brexit: approvata mozione May, bocciato emendamento con piano B di Corbyn

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Dalla Camera dei Comuni scontato placet alla mozione illustrata ieri dalla premier. Non passa, invece, la proposta del leader laburista di un piano d’uscita alternativo, più soft e con la permanenza del Regno Unito nell'Unione doganale

A Londra la Camera dei Comuni ha bocciato l'emendamento dei laburisti che proponeva un piano Brexit alternativo. Il piano B di Jeremy Corbyn, per una Brexit più soft e la permanenza del Regno Unito nell'Unione doganale, è stato respinto a maggioranza (come da previsioni): 240 i favorevoli, 323 i contrari. Prima del voto, Corbyn aveva scritto una lettera a tutti i deputati, non solo del Labour, per chiedere il loro sostegno. Ora al leader laburista resta l'opzione di un ulteriore emendamento - preannunciato per il prossimo dibattito di marzo - sull'ipotesi di un referendum bis sulla Brexit che eviti un no-deal o una Brexit dannosa per il Paese (LE PAROLE CHIAVE DELLA BREXIT).

Ok alla mozione May

Il dibattito sulla Brexit è ripreso oggi pomeriggio ai Comuni. In serata è arrivato il voto di presa d'atto - non vincolante, ma politicamente indicativo degli umori della Camera - sulla mozione illustrata ieri da Theresa May a proposito dell'andamento dei negoziati supplementari con Bruxelles. Negoziati che il governo ritiene di poter ancora chiudere positivamente e su cui spera di ottenere la ratifica di Westminster il 12 marzo, come ha insistito oggi in aula il vicepremier di fatto David Lidington, riecheggiando la premier. Dopo aver incassato stasera lo scontato placet dell'aula alla sua mozione, per May il momento della verità è rinviato fra due settimane.

Gli emendamenti

Oltre al voto simbolico sulla mozione, oggi il governo ha affrontato quello su alcuni emendamenti ammessi dallo speaker John Bercow. Il primo era quello promosso da Corbyn sul piano B, che è stato bocciato. Bocciato (con 288 sì contro 324 no) anche il secondo, presentato dagli indipendentisti scozzesi dell'Snp: chiedeva che una Brexit senz'accordo (no deal) fosse esclusa in qualunque caso e in qualunque momento. La Camera dei Comuni ha invece approvato (502 voti favorevoli e 20 contrari) l'emendamento della laburista Yvette Cooper: obbliga la premier a chiedere un rinvio limitato dell'uscita dall'Ue rispetto alla data prevista del 29 marzo, laddove il governo non riesca a strappare entro il 14 la ratifica del Parlamento né sulla sua linea né su un divorzio no deal. Approvato e recepito dal governo anche un altro emendamento, presentato dal deputato Tory di origine italiana Alberto Costa e approvato all’unanimità: impegna il gabinetto a concordare con Bruxelles la tutela dei diritti dei cittadini Ue residenti nel Regno Unito (oltre 3 milioni, fra cui si stimano quasi 700mila italiani) e dei britannici trapiantati nel continente (circa un milione) anche in caso di Brexit no deal.

I prossimi passi

La conta decisiva resta comunque fissata per il 12, 13 e 14 marzo. Quando il governo - salvo anticipi alla settimana prossima - si propone di mettere ai voti nell'ordine: un nuovo tentativo di ratifica dell'accordo May; quindi, in caso di bocciatura confermata, un sì o no secco al no deal; e infine, in terza battuta, lo sbocco della richiesta all'Ue di un'estensione dell'articolo 50, ossia di uno slittamento della Brexit. Slittamento che i 27 lasciano intendere di poter concedere, ma a condizioni ben precise. Come Angela Merkel ed Emmanuel Macron hanno fatto capire nel vertice franco-tedesco di Parigi. Dopo aver ribadito all'unisono per l'ennesima volta che l'accordo di divorzio raggiunto a novembre "non si cambia", hanno lasciato trapelare sfumature di toni diverse: con la cancelliera più conciliante e l'inquilino dell'Eliseo ruvido nell'avvertire che ogni eventuale idea di rinvio non potrà non essere limitata nel tempo e legata a un qualche annuncio di "cambiamento" della posizione di Londra.

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