Papa, lettera a Maduro: "Quanto concordato non è stato seguito da gesti concreti"

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Francesco ha risposto al presidente del Venezuela che gli aveva scritto chiedendo aiuto per la crisi del Paese. Bergoglio ha ricordato il ruolo dei vescovi come “garanti”. Plaude l'opposizione. L'Ambasciatore venezuelano: "Soddisfatti della posizione dell'Italia"

Papa Francesco è sempre stato a favore "non di qualunque dialogo, ma di quello che si intavola quando le differenti parti in conflitto mettono il bene in comune al di sopra di qualunque altro interesse e lavorano per l’unità e la pace". A ricordarlo è lo stesso pontefice in una lettera, datata 7 febbraio, inviata a Nicolas Maduro, che gli aveva scritto chiedendo aiuto per la difficile situazione del Paese: una decisione che il presidente venezuelano aveva annunciato in esclusiva a Sky tg24. Nella sua lettera, rivelata dal Corriere della Sera, il pontefice ricorda il ruolo della Santa Sede e dei vescovi venezuelani che hanno fatto da "garanti" facendo un grande sforzo per riuscire a emergere dalla crisi "in modo pacifico e istituzionale".

"Dopo le trattative non sono seguiti gesti concreti"

Il Papa fa quindi riferimento alla precedente trattativa di Santo Domingo, che fu accompagnata dalla Santa Sede con un suo inviato, l'arcivescovo Claudio Maria Celli. "Purtroppo – scrive Francesco - quanto è stato concordato nelle riunioni non è stato seguito da gesti concreti per realizzare gli accordi".

Il sindaco oppositore plaude il Papa: "Niente dialoghi"

Una lettera, quella del pontefice, che è piaciuta ad Antonio Ledezma, l'ex sindaco oppositore di Caracas in esilio dal 2017, secondo cui i venezuelani "sono compiaciuti" e approvano la posizione assunta dal Papa nei confronti del "narcotiranno Maduro". "Niente dialoghi né mediazione, solo la fine dell'usurpazione", ha scritto Ledezma su Twitter.

Ambasciatore Venezuela: "Soddisfatti da posizione Italia"

L'ambasciatore del Venezuela in Italia, Julian Isaias Rodriguez Diaz, si dice intanto contento della posizione espressa ieri dall'Italia, con la risoluzione, frutto dell'accordo tra M5s e Lega, che impegna il governo "a sostenere gli sforzi diplomatici" per "convocare nuove elezioni presidenziali". "Noi siamo contenti della dichiarazione espressa ieri dal Parlamento italiano - afferma Diaz in audizione alla comissione Esteri al Senato -. Il Parlamento non ha preso partito, ha mantenuto una posizione di equilibrio che è la cosa importante in questo momento". 

La sfida sugli aiuti umanitari

Intanto Juan Guaidò rilancia la sfida della soluzione della crisi umanitaria e fissa una data per l’ingresso degli aiuti, bloccati finora da Maduro: il prossimo 23 febbraio, ha annunciato a Caracas l'autoproclamato presidente a interim, durante una nuova e massiccia manifestazione di piazza. "Andremo in carovana a riceverli" con migliaia di volontari che saranno organizzati per raccogliere cibo, medicine e provvigioni, ha promesso il leader dell'opposizione. Il governo chavista, però, ha continuato a mostrarsi inflessibile: in una lunga intervista alla Bbc Maduro ha negato che esista una crisi umanitaria in Venezuela o un esodo di tre milioni di concittadini negli ultimi due anni. E perfino che una cinquantina di paesi abbiano già riconosciuto Guaidò come legittimo capo dello Stato. La sua vice, Delcy Rodriguez, è andata perfino oltre, sostenendo che i presunti aiuti umanitari raccolti a Cucuta sono in realtà "un'arma biologica", fatta di prodotti "contaminati, avvelenati, cancerogeni, come dimostrano vari studi scientifici".

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