"La Libia non è un porto sicuro dove dovrebbero essere riportati i migranti salvati in mare": lo ricorda Flavio Di Giacomo, portavoce dell'Organizzazione internazionale per le migrazioni. Salvini: "I migranti vanno salvati e riportati indietro"
"La Libia non è un porto sicuro dove dovrebbero essere riportati i migranti salvati in mare", parole di Flavio Di Giacomo, portavoce dell'Organizzazione internazionale per le migrazioni. "I 144 migranti, che erano in cattive condizioni fisiche, (soccorsi in mare domenica, ndr) sono stati portati in Libia e trasferiti in un centro di detenzione chiuso (comprese le donne incinte e bambini). Ma la Libia non è un porto sicuro dove le persone salvate in acque internazionali dovrebbero essere portati", ha scritto su Twitter Di Giacomo, portavoce dell'ufficio Mediterraneo dell'Oim.
"Porto sicuro"
Le critiche arrivano anche dall'Unhcr. "I principi a cui i governi devono attenersi - afferma la portavoce Carlotta Sami - sono quelli del porto sicuro e dell'intervento in acque internazionali. Se delle persone vengono salvate in acque internazionali, come in questo caso, devono essere portate nel porto sicuro più vicino e la Libia non è un porto sicuro".
Salvini: i migranti vanno salvati e riportati indietro
Sul tema torna anche il vicepremier e ministro dell'Interno, Matteo Salvini: i migranti "si salvano, come ha fatto la Guardia costiera libica, e si riportano indietro così la gente smetterà di pagare gli scafisti per un viaggio che non ha futuro, perché finisce o con la morte o con un'esistenza per le strade italiane". Il ministro ribadisce quindi che non consentirà ai barconi con i migranti e alle Ong di accedere ai porti italiani. "Più persone partono più persone muoiono - ha aggiunto - Chi vuole bene all'Africa fa di tutto perché non partano". (Oim: aumentano le probabilità di morire in mare).
Il nodo Libia
Il problema dall'estate scorsa ruota sempre attorno allo stesso punto, la dichiarazione dell'area Sar da parte della Libia. Ogni evento che accade in quell'area è formalmente sotto la responsabilità di Tripoli nel momento in cui prende il coordinamento dei soccorsi, come avvenuto domenica 20 gennaio. I libici, però, non hanno né mezzi né le capacità per gestire quella responsabilità. Non solo: l'Europa riconosce l'area Sar libica ma non riconosce il paese come 'place of safety', vale a dire il porto sicuro dove sbarcare i migranti.
Motovedette ferme
Per tentare di migliorare almeno la capacità d'intervento in mare, l'Italia ha approvato a luglio scorso un decreto che prevedeva la cessione gratuita di 12 motovedette, 10 'classe 500' della Guardia Costiera e 2 'classe Corrubia' della Gdf. Le imbarcazioni sarebbero dovute partire entro un mese ma ad oggi sono ancora a Messina, dove si sta completando l'addestramento dei libici. Proprio oggi, in una intervista al Corriere della Sera, il ministro Toninelli assicura che "sono in via di completamento tutte le altre procedure e sta per essere firmata un'intesa con le autorità di Tripoli". Entro poche settimane, dice, "i mezzi saranno concretamente a loro disposizione (dei libici) e questo significherà ancora meno partenze e meno morti nel Mediterraneo".