Sotto accusa tre video accusati di sessismo e razzismo. In più, un post sull’account di Gabbana offende il Paese asiatico, ma la maison si difende: siamo stati hackerati. Annullata la sfilata-evento a Shanghai. I due stilisti replicano: spiacevole, era un tributo
Una pubblicità in cui una ragazza cinese mangia i piatti della cucina italiana con le bacchette e una voce maschile fuori campo gioca su evidenti doppi sensi. È per questa campagna social che la maison di moda Dolce&Gabbana è finita al centro della bufera in Cina. Accusata di essere razzista e sessista, la campagna comprende tre video promozionali tuttora visibili sull’account Instagram della griffe. In più, in un post apparso sulla pagina di uno dei due stilisti, Stefano Gabbana avrebbe offeso la Cina e i cinesi in relazione alle critiche ricevute, aumentando le polemiche e le richieste di boicottaggio. D&G ha però fatto sapere di essere stata vittima di un attacco hacker. Ma la vicenda ha provocato già pesanti conseguenze: D&G è stata bandita dalle piattaforme cinesi di e-coomerce.
Sfilata-evento cancellata
Nei video, una giovane donna cinese – scelta con caratteristiche stereotipate – mangia pizza, spaghetti e un cannolo siciliano con le tradizionali bacchette, mentre la voce maschile fuori campo, di fronte ai suoi tentativi impacciati, dà consigli su cosa e come fare giocando su doppi sensi. Lo scopo della campagna, postata il 17 novembre sulla piattaforma Weibo (il Twitter locale), era quello di pubblicizzare lo show Shanghai, una sfilata-evento all'Expo Centre di Pudong prevista per mercoledì 21. Ora però la griffe italiana paga il prezzo di essere accusata di sessismo e razzismo e ha dovuto cancellare l'evento. Il magazine finanziario Caixin, che ha riportato la notizia, ha rimarcato senza mezzi termini come la maison si sia "procurata dei guai da sola". Ma Domenico Dolce e Stefano Gabbana hanno replicato: "Ciò che è accaduto è davvero spiacevole, non solo per noi, ma per tutti coloro che hanno lavorato notte e giorno per dar vita a questo progetto. Il nostro sogno - scrivono - era quello di realizzare a Shanghai un evento che fosse un tributo alla Cina, che raccontasse la nostra storia e la nostra visione".
#BoycottDolce
I crescenti commenti negativi hanno spinto al ritiro dei video da Weibo. Il JingDaily, testata di trend e moda, ha riportato che su Weibo l'hashtag #Boycott Dolce è stato discusso oltre 18.000 volte, mentre alcuni utenti hanno sollecitato le scuse in cinese e in inglese.
Il post di Gabbana e l’attacco hacker
Ma le polemiche non si sono limitate alla pubblicità: la protesta sui social si è inasprita dopo una serie di commenti attribuiti a Stefano Gabbana e agli account Instagram ufficiali della griffe, in cui gli stilisti avrebbero offeso la Cina commentando le reazioni alla propria campagna e definendo il Paese come "una mafia maleodorante, sporca e ignorante". Il brand ha però risposto dicendo di essere stato vittima di un attacco hacker e si è scusato per l’inconveniente, sottolineando il proprio rispetto per il Paese che li ospita.
La maison in Cina
Dolce&Gabbana ha 25 punti vendita in Cina, secondo un elenco sul sito della compagnia: il mercato del lusso del Dragone vale oltre 500 miliardi di yuan annui (circa 72 miliardi di dollari), pari a quasi un terzo del valore che il settore registra a livello mondiale, secondo un rapporto di McKinsey del 2017.
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